Ascoli, Sabato al Museo della Ceramica si inaugura la Mostra ‘Con la Terra e con il Fuoco’

Verrà inaugurata Sabato 13 aprile alle ore 12 la Mostra ‘Con La Terra e con il Fuoco’ allestita al Museo dell’Arte della Ceramica di Ascoli. Il Museo inaugurato nel 2007 nei suggestivi ambienti del Convento duecentesco annesso alla chiesa di San Tommaso, sarà l’ambiente ideale per ospitare le opere di tantissimi artisti molti dei quali costretti a trasferire il prprio Laboratorio Artigianale dopo il sisma del 2016.

Il percorso si articola in cinque sezioni seguendo un ordinamento cronologico che parte con  i bacini in maiolica arcaica prodotti ad Ascoli Piceno sul finire del Trecento: si tratta di manufatti decorati con stilizzate immagini fitomorfe dipinte in ramina, manganese e zaffera secondo moduli comuni ad altri centri manifatturieri dell’Italia Centrale che venivano utilizzati per decorare le facciate delle chiese ascolane, come ancora dimostrano le ceramiche presenti a Santa Maria delle Donne, San Venanzio e San Tommaso.

La Chiesa di San Tommaso nel cui Chiostro è ospitato il Museo dell’Arte della Ceramica

La seconda e la terza sezione illustrano i rapporti intrattenuti dalla città di Ascoli Piceno con il grande centro manifatturiero di Castelli, attivo nel confinante Regno di Napoli, dove fra Cinque e Seicento si rifornirono gli Anziani del Comune, i principali monasteri cittadini e le più importanti famiglie del patriziato: lo dimostrano tazze e mattonelle dipinte con soggetti legati alla devozione ascolana, come la bella immagine di Sant’Emidio che battezza Polisia uscita dalla bottega dei Grue. Perduti i piatti azzurri dipinti con lo stemma cittadino ordinati in occasione dei banchetti allestiti presso il Palazzo Comunale, saranno le maioliche da tavola del servizio Farnese a rievocare il fasto delle mense rinascimentali ascolane insieme alle saliere, ai versatoi, ai grandi piatti da parata.

La quarta sezione è dedicata ai manufatti ceramici prodotti ad Ascoli Piceno dalla manifattura impiantata nel 1787 dal colto abate di sant’Angelo Magno, Valeriano Malaspina, con l’intento di porre freno all’importazione di prodotti castellani e di rivitalizzare la produzione locale: dopo essere stata diretta dal pesarese Biagio Cacciani e dal napoletano Nicola Giustiniani, la manifattura venne rilevata dal ceramista Giorgio Paci, la cui famiglia per tre generazioni monopolizzò il mercato ascolano proponendo nuovi spunti decorativi, come la caratteristica “rosa ascolana” , i motivi in rilievo di ispirazione classica e soprattutto la rara produzione di oggetti marmorizzati con una tecnica assai particolare.

Cinquanta anni dopo la chiusura della manifattura Paci, negli anni venti del Novecento sarà l’ing. Matricardi a fondare una nuova fabbrica di maioliche, dapprima servendosi di artisti castellani e dopo di un grande ceramista pesarese Gian Carlo Polidori che, reduce da una collaborazione con la manifattura Dolcetti a  Venezia, portava ad Ascoli Piceno una straordinaria esperienza creativa che si esprime nella originali decorazioni dei grandi piatti con figure di portatrici, vedute adriatiche, scene in maschera di chiaro spirito dèco, valorizzate dall’uso di smalti brillanti e dalla ramina in rilievo. Fra il 1926 ed il 1929 si colloca l’attività di un’ altra manifattura, la Spada dalla quale uscirono piatti, vasi e contenitori caratterizzati da forme originali ideate dal veneziano Umberto Bellotto e dipinte dall’ascolano Aldo Castelli.

La crisi economica degli anni trenta colpì duramente l’artigianato artistico ascolano, ma i lavoranti della ditta Matricardi si organizzarono in modo autonomo dando vita alla FAMA che proseguì nel solco della tradizione aperta dal Polidori: oggi sono una ventina i laboratori ceramici attivi in città dove si continua una tradizione decorativa caratteristica del territorio.

La mostra intende anche accendere i riflettori sulle numerose botteghe ceramiche chiuse a causa del terremoto del 2016, un tempo operanti nelle province di Ascoli Piceno, Fermo e Macerata: nel chiostro medievale del museo saranno esposti gli oggetti prodotti da questi artigiani resilienti che continuano, nonostante tutto, a mantenere viva una antica tradizione del territorio.

 

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