Coronavirus, arriva il decreto “svuotacarceri”. La polizia penitenziaria in servizio anche in caso di sospetto contagio

Il decreto “svuotacarceri” è realtà.

Fino al prossimo 30 giugno pene ridotte e arresti domiciliari per i casi che lo prevedono. A beneficiarne saranno i detenuti con pene fino a 18 mesi che potranno scontare la pena agli arresti domiciliari. Per le pene superiori ai sei mesi è previsto l’utilizzo del braccialetto elettronico.

Non potranno beneficiarne i detenuti che si sono resi protagonisti delle rivolte dei giorni scorsi né i condannati a reati “ostativi” come mafia, terrorismo e corruzione.

Conte chiude gli italiani in casa, il ministro della Giustizia Bonafede apre le carceri, dopo la notizia dei primi contagi in cella.

Ad aggiungersi, ad una situazione già critica, la polemica sorta attorno alle dichiarazioni del Capo del DAP (Dipartimento Amministrazione Penitenziaria) Francesco Basentini che in una circolare a provveditori e direttori di carceri ha disposto: “che il Personale della Polizia Penitenziaria che svolge le sue funzioni presso le carceri debba continuare a prestare servizio anche nel caso in cui abbia avuto contatti con persone contagiate in quanto operatori essenziali”.

Una dichiarazione agghiacciante quella del direttore del DAP: la Polizia Penitenziaria non avrebbe diritto alle tutele previste per chi viene in contatto con persone contagiate. “Misure inaccettabili – scrive il vicepresidente della Camera Ettore Rosato- che mettono a rischio non solo gli agenti, che già svolgono un lavoro complesso, ma tutti coloro che li incontrano”.

Ad oggi, ricorda il sindacato della Polizia Penitenziaria, la priorità è dotare il personale di dispositivi di protezione individuale che, anche se annunciati in pompa magna, sono ancora carenti. I sindacati chiedono inoltre il tampone per tutti gli agenti al fine di tutelare chi opera in un ambiente ristretto come quello dei penitenziari.

La politica, da più parti ha chiesto le dimissioni del capo del DAP.

 

 

 

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