Dardust, io tra classica ed elettronica 17/1 esce S.A.D. Storm and Drugs, chiude trilogia con 7 e Birth

Da Soldi di Mahmood a Riccione e Felicità Puttana dei Thegiornalisti, passando per Se piovesse il tuo nome, di Elisa e Nuova Era di Jovanotti, solo per citarne alcuni: dici Dardust e pensi a tanti successi degli ultimi tempi.
Pezzi nei quali c’è immancabilmente il suo tocco, del re Mida dei produttori, considerato dagli operatori del settore il genio della composizione, l’eminenza grigia della musica pop.
Ma Dardust, all’anagrafe Dario Faini, è prima di tutto un compositore e un pianista, che si muove da sempre in maniera fluida, tra sonorità classiche e l’elettronica più spinta.
Lo dimostra anche con il suo nuovo album strumentale, dal titolo S.A.D. Storm and Drugs, in uscita il 17 gennaio per Sony Music Masterworks e Artist First, che chiude la trilogia iniziata nel 2014 con “7” e continuata nel 2016 con “Birth”.
Il titolo del nuovo lavoro è una rivisitazione corretta dello Sturm und Drang tedesco del Settecento.
“Mi piaceva l’idea di essere un po’ irriverente e scorretto. La tempesta, sturm in tedesco, storm in inglese, rimane, perché mi apparteneva molto la sensazione di trovarmi in uno sconvolgimento personale e familiare, nel momento in cui ho scritto questi pezzi, non mediati dalla razionalità. Nello stesso momento mi sono sentito senza riparo, – afferma Dardust – dopo la fine di una storia e la perdita della casa di famiglia ad Ascoli Piceno per il terremoto.
L’impeto, il drang, è diventato Drugs, ma più legato a una dipendenza affettiva che non alle droghe vere e proprie che non mi appartengono”, racconta Dardust il cui obiettivo era traslare in epoca moderna il concetto espresso dalla rivoluzione culturale settecentesca.
“Mi sono sentito un po’ Giovane Werther, un po’ Mark Renton, l’eroe negativo del film cult Trainspotting”

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