Conferenze in Spagna del Comitato Terapia Domiciliare Covid19 per spiegare la trasformazione in movimento politico. Il presidente Grimaldi proseguirà il ciclo in Europa

E’ partita da Bilbao, nei Paesi Baschi, venerdì 11 marzo, la prima conferenza, oltre confine, del Presidente del Comitato Cura Domiciliare Covid19, avvocato Erich Grimaldi, con successive tappe a Vitoria sabato 12 marzo e e San Sebastián domenica 13, per proseguire, nei prossimi mesi, in giro per l’Europa.
Si tratta di conferenze in cui l’avvocato Grimaldi illustrerà le modalità con cui, dal mese di marzo 2020, ha costruito, dal basso, una rete di medici volontari che, dopo essersi confrontati sulle proprie esperienze ed evidenze personali, nel trattamento precoce dei sintomi a domicilio della malattia del secolo, hanno stilato uno schema terapeutico (TDC19) supportando, sino ad oggi, migliaia di persone, dapprima attraverso un contatto medico/paziente su Facebook e, poi, per il tramite di un’innovativa web app che ha consentito anche l’archiviazione delle cartelle cliniche, nonché la pubblicazione di studi osservazionali retrospettivi (www.terapiadomiciliarecovid19.org)
Verranno esposti tutti i vani tentativi di dialogare con le istituzioni, in questi due lunghi anni, per far partecipare i medici che avevano agito sul campo alla redazione delle linee guida ministeriali, con richiesta esplicita di effettuare studi randomizzati in fase precoce sui farmaci utilizzati dai territori, nonché le numerose battaglie, anche giudiziarie, ivi inclusi gli esposti alla Procura.
Si spiegherà l’improvvisa decisione, su insistenza di migliaia di cittadini, di trasformare UCDL, l’associazione costituita a supporto del Comitato, in un movimento politico (www.unionecdl.it), a seguito della scandalosa “sentenza politica” del 9 febbraio 2022, con cui il Consiglio di Stato, composto da giudici che, in palese conflitto d’interessi, ricoprono ruoli retribuiti in vari ministeri, accoglieva l’appello del ministero della salute avverso una corretta e indiscutibile decisione del TAR Lazio che aveva stabilito che i protocolli di cura contenevano prescrizioni di non fare che avevano, di fatto, impedito ai medici di utilizzare, in scienza e coscienza e liberamente, la terapia che ritenevano più idonea per la cura dei primi sintomi della malattia.

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