Tragedia Rigopiano, Legnini:”Ricordo vittime come quelle di Arquata, Amatrice, Accumoli deve essere ammonimento costante”

“Oggi ricordiamo l’immane tragedia di Rigopiano, l’enorme valanga di quattro anni fa che causò 29 vittime, e ci stringiamo nel dolore e nel ricordo ai famigliari, che attendono verità e giustizia.”

Questa la dichiarazione di Giovanni Legnini, commissario straordinario alla ricostruzione del Centro Italia.

Il 17 e 18 gennaio del 2017 furono giorni drammatici, il terzo atto della sequenza di forti scosse sismiche che nei mesi precedenti avevano sconvolto il Centro Italia.
Il ricordo dei morti innocenti di Rigopiano, come quelli di Amatrice, Accumoli e Arquata, deve rappresentare un ammonimento costante.

Sarà la Giustizia a stabilire la verità su Rigopiano, chi ha perso i propri cari e tutta la comunità ne hanno diritto. Le istituzioni e coloro che le rappresentano hanno comunque il dovere di evitare che, per responsabilità degli uomini, i fenomeni naturali si trasformino in tragedie come quelle del Centro Italia e di tanti altri territori del nostro meraviglioso Paese. E’ per questo che abbiamo assunto l’impegno per una ricostruzione sicura e sostenibile.
I terremoti di quei mesi fecero 303 vittime, danneggiarono 80.000 case, uffici e attività produttive, migliaia di edifici pubblici, tra cui molte scuole e municipi, e più di 3.000 Chiese. Dopo la tragedia i soccorsi e la solidarietà furono importanti ed efficaci, così come la gestione della prima emergenza, la definizione di un quadro di diritti e lo stanziamento di importanti risorse finanziarie. Seguirono l’impegno delle istituzioni nazionali e locali per la definizione di robusti programmi di interventi di ricostruzione privata e pubblica, ma negli anni successivi è prevalsa un’insostenibile lentezza a causa di uno schiacciante peso della burocrazia e delle enormi difficoltà legate ad un grado di distruzione e di fragilità molto elevate. Ed è così che alla voglia di ripartenza è subentrata una crescente sfiducia nella possibilità di far rinascere territori e borghi bellissimi.

Nei mesi della pandemia, grazie anche ad un rinnovato impegno ed attenzione del Governo e del Parlamento, abbiamo riscritto e fortemente semplificato le regole per i cittadini e le imprese, i professionisti e le istituzioni locali. Abbiamo aumentato gli organici del personale tecnico ed amministrativo, ottenuto maggiori risorse per la ricostruzione pubblica, ci siamo muniti di una strategia puntuale per ricostruire e ripartire. Nonostante il COVID19, i primi concreti risultati sono arrivati: 4 mila famiglie sono già rientrate nelle loro case, 1.700 l’anno scorso, e a fine 2020 avevamo 3.200 cantieri aperti, con 8 mila domande di contributo in più. Abbiamo definito scadenze e programmi per far sì che nel corso del 2021 altre miglia di cantieri privati e pubblici possano partire. Ne daremo più puntuale conto nel rapporto che presenteremo agli inizi di febbraio. Ciò che è certo è che il 2021 dovrà essere l’anno dell’operosità e delle realizzazioni per recuperare quella fiducia che stava scemando.

Soprattutto, in questi mesi, abbiamo assunto decisioni concrete affinché, nel ricostruire, quei territori diventino luoghi di vita e di lavoro sicuri. Molta cura dovrà essere riservata alla sicurezza sismica degli edifici, da ricostruire nel rispetto della legge e anche con l’utilizzo dei superbonus edilizi, e molta attenzione dovremo riservarla alla cura di un territorio di per sé fragile. Per questo stiamo portando avanti con rapidità, grazie alle competenze scientifiche dell’INGV e delle Università lo studio delle Faglie attive e capaci, e abbiamo disposto la realizzazione, insieme all’Autorità di Bacino dell’Italia Centrale, degli approfondimenti degli studi sulle frane che interessano i centri da ricostruire, per poi intervenire con un nuovo piano di interventi di mitigazione e contrasto ai dissesti idrogeologici. Si ricostruirà solo dove sarà possibile assicurare la sicurezza degli edifici e dei cittadini, non arrestandosi di fronte alla necessità di eventuali dolorose scelte di delocalizzazione”.

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