In tavola c’è voglia di regionalità, cresce la vendita del cibo “Made in Marche

Consumatori più attenti, la tracciabilità vince e il Made in Marche diventa un valore. Continua a crescere il valore delle vendite dei prodotti agroalimentari che fanno richiami alla loro marchigianità.

“Un aumento in doppia cifra che impegna tutti a migliorare e valorizzare la qualità” commenta Coldiretti Marche rispetto al rapporto dell’Osservatorio Immagino Nielsen GS1 che indica in oltre l’11% nel 2019 rispetto al 2018 l’aumento di valore. Questo, tuttavia, avviene a fronte di una pressione promozionale inferiore alla media nazionale. Il che tiene il brand “Marche” lontano da regioni più riconoscibili al grande pubblico come il Trentino Alto Adige, il Piemonte e, new entry sul podio, la Sicilia. Il cibo che mostra la sua regionalità, secondo lo studio, ha un giro di affari di 2,4 miliardi di euro.

Tornando alle Marche i prodotti più gettonati nel carrello sono il vino (che da solo vale 97 milioni di euro secondo l’ultimo studio Ismea Qualivita) e le carni bianche. Numeri che assumono un significato maggiore dopo il via libera dell’Unione Europea all’etichetta Made in Italy su salami, mortadella, prosciutti per smascherare l’inganno della carne straniera spacciata per italiana come chiede il 93% dei cittadini che ritiene importante conoscere l’origine degli alimenti. Una novità importante per garantire trasparenza e rispetto verso quei 950mila marchigiani che, secondo un’analisi Coldiretti su dati Istat, portano in tavola affettati e salumi almeno una volta alla settimana. Con un grande punto interrogativo sulla reale provenienza: si stima, infatti, che tre prosciutti su quattro venduti in Italia siano in realtà ottenuti da carni straniere senza che questo sia stato fino ad ora esplicitato in etichetta.

“La necessità di conoscere l’origine del cibo in commercio è stata chiesta da 1,1 milioni di cittadini europei che hanno firmato la petizione di Coldiretti e Campagna Amica. Oltre 46mila firme arrivano dalle Marche – spiega Maria Letizia Gardoni, presidente di Coldiretti Marche – Questi dati sono un premio alla tenacia di chi lavora guardando alla qualità e alla genuinità degli alimenti. Come Coldiretti lavoriamo affinché la trasparenza a tavola sia il primo principio di giustizia economica e sociale da tutelare”. Si attende la pubblicazione del decreto in Gazzetta Ufficiale: l’etichetta dovrà indicare il paese di nascita, di allevamento e di macellazione degli animali. Se coincide con lo stesse paese l’indicazione può essere semplicemente denominata “Origine” mentre la dicitura “100% italiano” potrà essere utilizzata solo se la carne è proveniente da suini nati, allevati, macellati e trasformati in Italia.

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