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L’incertezza della scuola ai tempi del Covid19. Abbiamo intervistato una mamma lavoratrice, Sara Leonetti

La riapertura della scuola il 14 settembre si sta avvicinando e i dubbi da sciogliere sono ancora tanti. A due settimane dal suono della prima campanella, aumenta la preoccupazione dei genitori, che vivono nell’incertezza e lamentano la mancanza di linee guida chiare. Una risposta chiara ed efficace è quello che chiedono genitori, dirigenti scolastici e anche i docenti.

Abbiamo raccolto la testimonianza di Sara Leonetti, mamma di Giada 7 anni e Anna 4, marketing manager.

“Mancano pochi giorni alla riapertura e noi genitori abbiamo ancora mille dubbi”.

Uno su tutti: mascherina si o no?
“La cosa che personalmente mi infastidisce di più è che avevamo una grande occasione per rivedere la scuola pubblica, gli spazi, i servizi e il personale (carenti da decenni) e invece sono state ribaltate le responsabilità alle famiglie. In pratica, da quello che sappiamo oggi, dobbiamo misurare la febbre ed accertarci che stiano bene prima di mandarli a scuola. Nel caso in cui ci fosse anche solo un dubbio devono rimanere a casa. E se ha la febbre in classe? Devi correre a prenderlo e capire con pediatra e medici cosa fare perché un protocollo preciso non c’è e tutto è a discrezione del personale medico (tampone? Quarantena? Rientro a scuola?).

Per non parlare dei servizi scuolabus e autobus non garantiti (o non sicuri perché senza distanziamento) e la possibilità di alternare gli ingressi. Lo traduco: totale responsabilità dei genitori che prima di andare al lavoro devono accompagnare i figli, magari in orari diversi tanto per impazzire.

Altro tema interessante: le classi pollaio. Dopo i primi proclami e ipotesi di divisioni sacrosante, siamo tornati ad avere classi fino a 29/30 bambini. Distanziati se si può, con la mascherina se non si può. Quindi: non è cambiato nulla.

Infine, la cosa che mi fa più rabbia: l’asilo (o scuola dell’infanzia). Totalmente lasciata fuori da ogni discussione. I bambini più piccoli (e che quindi non fanno parte della scuola dell’obbligo) sono lasciati sempre per ultimi. Anche qui, da quello che ci è dato sapere, nessuna riduzione del numero di bambini, nessun aumento di personale ma anche nessuna mascherina, nessun distanziamento. “disinfetteremo i giochi spesso” hanno detto.

“La scuola è l’ultimo dei pensieri da anni. In questa pandemia abbiamo visto lo spaccato di come è stata ridotta: alcuni insegnanti, in odore di santità, si sono spesi al 200% per aiutare i bambini, star loro vicini, supportarli anche psicologicamente. Altri hanno preso la pandemia come una vacanza. Alcuni addirittura si sono scagliati sui bambini con compiti su compiti e verifiche a tappeto. Ma oggi, anche la DAD o didattica a distanza, è stata regolamentata “in caso di futuro lockdown”…?!
Penso che psicologicamente una famiglia che è sopravvissuta a lavoro in presenza, smartworking e DAD l’abbia fatto senza pensare troppo e cercando di reagire ad una cosa troppo più grande di qualsiasi previsione. Oggi, dopo sei mesi da quel decreto non possiamo più accettare che la soluzione ad una pandemia sia chiuderci in casa.”- conclude Sara Leonetti.