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Uno studio italiano dimostra l’importanza della terapia domiciliare precoce. Cristallizza la necessità di altri studi su farmaci potenzialmente utili

È stato appena reso disponibile in anteprima dalla rivista peer-review “Medical Science Monitor” lo studio “Retrospective Study of Outcomes and Hospitalization Rates of Patients in Italy with a Confirmed Diagnosis of Early COVID-19 and Treated at Home Within 3 Days or After 3 Days of Symptom Onset with Prescribed and NonPrescribed Treatments Between November 2020 and August 2021” (Studio retrospettivo sugli esiti e sui tassi di ospedalizzazione di pazienti in Italia con diagnosi confermata di COVID-19 precoce e trattati a casa entro3 giorni o dopo 3 giorni  dall’insorgenza dei sintomi con farmaci di prescrizione e non di prescrizione tra novembre 2020 e agosto 2021) (https://www.medscimonit.com/abstract/index/idArt/935379), la cui prima firma è del prof. Serafino Fazio, componente del Consiglio Scientifico del Comitato Cura Domiciliare Covid-19.
Oltre al principale investigatore prof. Serafino Fazio (già professore di medicina Interna all’Università di Napoli), i
co-autori sono il prof. Paolo Bellavite (già professore di Patologia generale alle Università di Verona e di NgoziBurundi), la prof. Elisabetta Zanolin (Dipartimento di Diagnostica e Sanità Pubblica dell’Università di Verona) , il dr. Peter A. Mc McCullough (Department of Cardiology, Truth for Health Foundation, Tucson, AZ, USA) che ha sottoscritto lo schema terapeutico del Comitato Cura Domiciliare Covid-19, il dr. Sergio Pandolfi (Neurochirurgo
– Ozonoterapeuta, Docente al Master di II° livello in ossigeno-ozono terapia Università di Pavia) e la dr. Flora Affuso (ricercatrice indipendente).

Obiettivi:

Lo studio mirava a indagare, attraverso l’esame delle cartelle cliniche, gli esiti e i tassi di ospedalizzazione in una serie di pazienti con diagnosi confermata di COVID-19 precoce trattati a casa con farmaci e integratori alimentari a base di flavonoidi e vitamina C. Sono state analizzate le cartelle cliniche di una coorte di 158 pazienti italiani con COVID-19 in fase iniziale trattati a domicilio.

Metodi:

Il lavoro è stato svolto mediante telemedicina con sede nello studio privato del ricercatore principale (SF), con l’assistenza di uno degli autori (FA), mentre gli altri autori hanno collaborato al disegno dello studio (PB, PAM , e SP), analisi statistiche (EZ) e stesura del manoscritto (PB, EZ). I pazienti erano di tutto il territorio italiano e hanno contattato il medico (SF) attraverso il gruppo Facebook “TerapiadomiciliareCOVID19”, facente capo al Comitato Cura Domiciliare Covid-19. Il trattamento di base per tutti i pazienti consisteva in indometacina da 75 a 100 mg
al giorno secondo il peso corporeo, aspirina 100 mg al giorno, omeprazolo 20 mg al giorno e un integratore alimentare a base di flavonoidi e vitamine corrispondenti a una dose giornaliera di 200 mg di esperidina, 200 mg di quercetina, 100 mg di vitamina C. Nei pazienti che vedevano peggiorare le loro condizioni cliniche, al
trattamento di base erano aggiunti azitromicina e/o eparina a basso peso molecolare a dose profilattica e/o betametasone, secondo il giudizio clinico.

L’associazione della tempestività del trattamento e delle variabili cliniche con la durata dei sintomi e con il rischio di ricovero è stata valutata mediante tecniche di regressione logistica.

Risultati:

I pazienti sono stati divisi in due gruppi: il gruppo 1 (n=85) è formato da pazienti che si sono rivolti al medico tempestivamente e sono stati trattati il prima possibile (< 72 h dall’insorgenza dei sintomi), mentre il gruppo 2 (n=73) è composto da pazienti che hanno ritardato il ricorso al medico e in cui la terapia è quindi iniziata > 72 h dopo l’inizio dei sintomi.

La gravità clinica all’inizio del trattamento era simile nei due gruppi.

Nel gruppo 1, la durata dei sintomi è stata più breve rispetto al gruppo 2 (mediana 6,0 giorni rispetto a 13,0 giorni, P<0,001) e
non si sono verificati ricoveri, rispetto al 19,18% di ricoveri nel gruppo 2. Nel gruppo 1 un solo paziente ha sviluppato alterazioni alla radiografia del torace e 2 pazienti hanno manifestato un aumento dei livelli di Ddimero (parametro della coagulazione intravascolare), rispetto a 30 e 22 pazienti, rispettivamente, nel gruppo 2.
Il fattore principale che ha determinato la durata dei sintomi e il rischio di ricovero è stato il ritardo nell’inizio della gestione del paziente (P<0,001). Le analisi di regressione hanno mostrato che il rischio di un peggioramento, tale da dover ricorrere all’ospedalizzazione, aumenta di circa 4 volte per ogni giorno di ritardo nell’inizio della terapia.

Conclusione:
Questo studio sul mondo reale dei pazienti nella società colpita dalla pandemia ha mostrato che la diagnosi precoce e la gestione precoce dei pazienti hanno ridotto la durata dei sintomi del COVID-19 e ridotto praticamente a zero il tasso di ospedalizzazione. Va precisato che il disegno dello studio (retrospettivo e senza gruppo di confronto) non consente di valutare l’efficacia della terapia utilizzata ma il risultato suggerisce la possibilità di effettuare ulteriori studi “randomizzati” laddove ciò sia possibile e per i quali i ricercatori si dichiarano disponibili a collaborare.