I contributi si dividono in effettivi e figurativi. Anche questi ultimi incidono sull’importo della pensione? Vediamo come stanno le cose.
I contributi sono, senza dubbio, il fattore più importante quando si parla di pensione. Oltre a quelli effettivi, ci sono quelli figurativi. Anche essi possono contribuire ad aumentare l’importo della prestazione che andremo a ricevere? Sulla questione vige ancora molta confusione. Facciamo un po’ di chiarezza.
Quando parliamo di pensioni, due sono i fattori da prendere in considerazione: l’età anagrafica e i contributi. Questi sono il requisito senza dubbio più importante. Infatti, esistono misure che permettono di lasciare il lavoro a prescindere dall’età anagrafica come, ad esempio, Quota 41 o la pensione anticipata ordinaria. Ma non c’è alcuna misura in Italia che non tenga conto dei contributi versati.
Essi possono essere effettivi o figurativi: questi ultimi sono quei contributi provenienti dal datore di lavoro, anche in periodi in cui una persona non è occupata come, ad esempio, la maternità o il congedo per legge 104. Siccome i contributi, dal 1996 in avanti, determinano l’importo della pensione che andremo a ricevere, è fondamentale capire che ruolo giocano quelli figurativi e se possono incidere anch’essi, in qualche modo, sul nostro futuro assegno previdenziale.
Pensione e contributi figurativi: ecco cosa dice la normativa
I contributi, dunque, possono essere effettivi o figurativi. Essi rappresentano un fattore determinante quando parliamo di pensione. Molte persone, però, si domandano se anche i secondi abbiano un peso o meno nel calcolo dell’importo dell’assegno previdenziale. Vediamo cosa dice la vigente normativa a riguardo.
Come anticipato, i contributi sono il requisito centrale quando si tratta di pensione. Essi sono importanti per due ragioni: per l’accesso stesso alla prestazione e per l’importo dell’assegno previdenziale. Infatti, se non si raggiunge una soglia minima di contributi, non si può lasciare il lavoro. E, dal 1996 in poi, con l’entrata in vigore del sistema di calcolo contributivo al posto di quello retributivo, l’importo della pensione viene ottenuto proprio moltiplicando l’insieme dei contributi versati per un coefficiente di trasformazione.
Pertanto, più contributi si hanno e più alto è il valore degli stessi, e maggiore sarà l’importo della nostra pensione. Ma, oltre ai contributi effettivi – cioè quelli che vengono versati nei periodi in cui lavoriamo -, ai fini della determinazione della pensione valgono anche quelli figurativi, ossia versati nei momenti in cui non lavoriamo (come i mesi di maternità o i periodi di disoccupazione indennizzata, oppure ancora il congedo con la legge 104)?
I contributi figurativi non incidono negativamente sulla pensione in alcun modo: non allungano i tempi per l’accesso alla prestazione e non fanno diminuire il suo importo. Secondo la vigente normativa in materia, quelli versati in periodi successivi al 1° gennaio 1996, e che, quindi, rientrano nel regime contributivo per il calcolo dell’assegno, sono sempre utili anche per aumentare l’importo della pensione. Gli unici contributi figurativi che non influenzano l’importo della pensione sono i seguenti:
- Quelli versati durante lo svolgimento di lavori socialmente utili;
- Quelli versati durante il godimento di prestazioni di invalidità previdenziale (Assegno ordinario d’invalidità e Pensione di inabilità).
Il problema sorge, invece, per i contributi figurativi versati prima del 1996, quando era ancora in vigore il sistema di calcolo retributivo che, per determinare l’importo della pensione, teneva conto della media delle ultime retribuzioni. In questo caso, i contributi figurativi potrebbero abbassare la media. Ma il lavoratore può sempre rinunciare a farseli accreditare.