Un’analisi condotta da Cgia Mestre rivela che le aziende marchigiane non stanno richiedendo prestiti per il loro sviluppo, facendo registrare una forte flessione rispetto al passato.
La crisi economica si fa sentire e le aziende marchigiane stanno accusando il colpo. Di conseguenza, sembra proprio che siano cambiate le abitudini finanziarie di diverse attività commerciali.
Il quadro che emerge da un’analisi condotta da Cgia Mestre ha rivelato che le aziende italiane, in particolare quelle delle Marche, hanno deciso di prelevare fondi per sviluppo da fonti alternative, non affidandosi a banche e istituti di credito. Ecco tutti i dati al riguardo, cercando di comprendere perché si sta sviluppando questo fenomeno sul territorio.
Non è difficile capire perché le aziende del territorio marchigiano stanno evitando di chiedere prestiti in questo periodo. L’economia mondiale ha subito un netto rallentamento e a ciò si è aggiunto l’inasprimento del costo del denaro imposto dalla BCE. Questi due fattori avrebbero indebolito le richieste di liquidità da parte delle aziende.
Nella fattispecie, ciò ha generato una forte flessione nel ricorso del credito nelle Marche, con tante aziende che stanno preferendo attingere ai risparmi personali per investire in crescita e sviluppo piuttosto che chiedere un prestito agli istituti specializzati.
In particolar modo, Cgia Mestre attraverso la sua analisi ha rivelato una flessione importante nella provincia di Ascoli. In questa zona del territorio si è passato dai 2.278,2 milioni di euro di prestiti di maggio 2022 ai “soli” 2.080,5 milioni di euro di maggio 2023. Si tratta di una diminuzione importante che in termini di valori assoluti ha fatto registrare un risultato -197,7 milioni, ovvero una percentuale di circa -9%.
Comunque, la flessione maggiore è stata registrata nella provincia di Macerata, dove la soglia percentuale ha superato il -10%. In provincia di Macerata, le aziende nel maggio 2022 avevano richiesto prestiti per un totale di 3.343,4 milioni di euro mentre a maggio 2023 si è arrivati a i 2.960,7 milioni di euro: si tratta di un risultato negativo del -11,4%.
Come riporta anche il giornale Il Resto del Carlino, i ricercatori Cgia hanno cercato di voler dare una spiegazione a questo fenomeno. Le loro parole sono state: “Alla luce di ciò in questi mesi a Francoforte più di qualcuno, attraverso il continuo aumento del costo del denaro, ha “preferito” spingere l’Europa verso una nuova crisi economica, anziché avere una inflazione che le previsioni di fine 2022 la stimavano per l’anno in corso comunque in deciso calo e su un valore medio attorno al 6 per cento”.