Concorsi pubblici, il gruppo assembleare del PD critico con la riforma Brunetta: “Non garantisce trasparenza, imparzialità e pari accesso alle prove d’esame”

La riforma dei concorsi pubblici avanzata dal ministro Renato Brunetta ha sollevato già numerose proteste in tutta Italia. A queste si aggiunge ora anche la voce del gruppo assembleare del Partito Democratico all’Assemblea legislativa delle Marche.

A non piacere, in particolare, è la norma contenuta nell’articolo 10 del decreto legge 44 del 1° aprile, che pur mantenendo il pre requisito del possesso del diploma o della laurea ai fini della formazione del punteggio finale, sostituisce le attuali prove preselettive con la valutazione di altri titoli legalmente riconosciuti come master, dottorati, certificazioni, corsi, nonché dell’esperienza professionale. Il tutto a discrezione dell’amministrazione che bandisce i posti a concorso.

“Comprendiamo la necessità di una revisione delle norme in materia di concorsi pubblici – spiegano i consiglieri del Partito Democratico – che secondo noi va pensata in direzione di una pubblica amministrazione sempre più innovativa ed efficiente. Ma ciò non può andare a discapito della trasparenza, dell’imparzialità e della parità di accesso alle prove d’esame garantite dalla Costituzione. La proposta di riforma del ministro Brunetta, invece, rappresenta un grave ostacolo per quei laureati, lavoratori, disoccupati che non per loro scelta, ma per oggettivi motivi di tempo e denaro non non hanno potuto conseguire i titoli richiesti per superare la fase di valutazione preventiva e rientrare nei selezionati per le prove d’esame”.

“La meritocrazia – concludono i dem – non può che basarsi su prove trasparenti, in condizioni di eguaglianza e senza alcuna distinzione di sesso o età, dando a tutti i candidati l’opportunità di dimostrare le proprie competenze, che possono a loro volta essere superiori rispetto a una persona con un titolo maggiore”.

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