Ascoli, Il Piceno trema di nuovo e gli studenti del Liceo Linguistico riflettono sulla loro condizione di sicurezza scolastica

Le forti scosse di terremoto che si stanno susseguendo in questi giorni nelle Marche, la prima con epicentro sulla costa pesarese e le successive anche a Senigallia e nel Maceratese stanno creando parecchia preoccupazione.

C’è chi parla di un efficace trasmissione di energia da parte della placca adriatica, chi crede sia stata una “fortuna” che la prima scossa di magnitudo 5.7 sia avvenuta in mare e chi invece, la identifica come la più forte degli ultimi 90 anni, anche a causa delle dozzine di scosse di assestamento.

È noto, come la posizione geografica della penisola italiana, renda questa ultima un territorio sismico ed è anche risaputo che la zona centro-meridionale italiana registri la sismicità maggiore. Nessuno ne è più consapevole di noi, vittime dirette della sequenza sismica Amatrice-Norcia-Visso avuta inizio nell’agosto del 2016 con la scossa più forte dal sisma degli anni ’80.

Dunque, non è una novità che Ascoli Piceno sia soggetta a ripetuti terremoti e
perciò, dei provvedimenti civili, finalizzati alla sicurezza dei cittadini, si sarebbero dovuti
adottare già da tempo. In seguito al terremoto del 2016, la sede principale del Liceo
Linguistico E. Trebbiani di Ascoli, in Via Pretoriana, è stata chiusa a causa dei danni
riscontrati e dell’inagibilità dell’edificio stesso.

Gli studenti dell’indirizzo linguistico sono stati spostati, in un primo momento, nella sede di Via Faleria e in seguito, il triennio è stato posizionato all’Umberto I, sede della Ragioneria e dei Geometri. Sono trascorsi sei anni, eppure nessuno sembra essersi mosso per risolvere la questione sgradevole della situazione.

La separazione del Liceo, oltre a provocare un malcontento tra gli studenti, dà vita a un problema per i professori, costretti a spostarsi da un plesso all’altro ogni qual volta che nella stessa giornata si hanno delle ore separate tra biennio e triennio.

L’altra mattina, le scuole di San Benedetto del Tronto sono rimaste chiuse, come tutte le altre situate lungo la costa adriatica, così da poter effettuare le dovute attività di sopralluogo post-sisma. Ora, il comune citato, si trova a soli 30 minuti circa da
Ascoli Piceno e quindi, fossero anche minime le differenze, il sisma ha scosso anche noi
studenti, professori e le nostre scuole.

Alcune di queste e classi intere di altre hanno deciso di scioperare e protestare contro l’incuranza verso la nostra sicurezza: nel caso del Liceo Linguistico (sede Umberto I) gli orari scolastici sono rimasti gli stessi, gli studenti sono stati tenuti ad entrare alle 8:00/8:15, quindi un ora dopo la scossa verificata, senza prima aver controllato possibili elementi tangibili; sopralluogo avvenuto tre ore dopo l’inizio delle lezioni.

Da menzionare anche le condizioni degradate e pericolose delle aule, in cui in molti casi le
finestre sono rotte e risulta difficile aprirle, il cui controllo è stato effettuato solo dopo
mesi. Per giunta, l’ultima settimana di scuola dell’anno precedente, una delle classi è stata
spostata alla sede del Liceo Classico ‘F. Stabili’ senza spiegazioni approfondite, alludendo ad
un’ipotetica presenza di fibre di amianto nel pavimento dell’aula. Gli studenti sarebbero potuti rimanere a casa o decidere di non entrare a scuola, ma non è giusto come ci si debba privare di un proprio diritto per colpa dell’incompetenza di altri.

Se si fosse saputo che il sopralluogo sarebbe avvenuto in ritardo, perché le scuole non sono state chiuse a dovere? E di certo, tutta la precedente riflessione riguarda senza dubbio anche gli altri istituti del Piceno.

Chiara Tarli

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