Molte persone possono approfittare della maggiorazione contributiva, ma in pochi sanno come fare. Scopriamo qual è la procedura.
Non sono rari i casi nei quali ci si trova nella situazione di non riuscire a poter andare in pensione per non aver maturato il sufficiente quantitativo di contributi previdenziali minimi richiesto come requisito. Pur rispettando la prerogativa anagrafica, ci si potrebbe rendere conto di non avere ancora alcuni anni o addirittura pochi mesi per arrivare a quella contributiva.
Essa è necessaria per poter interrompere l’attività lavorativa ed iniziare a beneficiare del trattamento pensionistico. Questo implica il rischio di dover posticipare, e non di poco, il pensionamento. Come ovviare al problema con una via più efficace? Scopriamolo.
Fortunatamente il sistema previdenziale italiano, pur essendo ricco di regole e variabili differenziate, offre anche alcune possibili soluzioni per venire incontro a chi si trova in situazioni come quella appena analizzata. In modo tale da consentire al lavoratore di sfruttare specifici strumenti o apposite procedure così da non dover attendere troppo tempo per raggiungere la pensione. Aiutandolo, quindi, a completare la carriera contributiva.
In tale contesto troviamo la maggiorazione contributiva, della quale spesso si è sentito parlare ma che in pochi conoscono nel dettaglio. Si tratta di uno strumento davvero importante per l’accesso alla quiescenza in quanto consente di anticipare l’età del pensionamento. A chi è rivolta?
Ne esistono di varie tipologie, riservate per esempio agli invalidi o alle madri lavoratrici. Ma come si può ‘attivare’? Il metodo è molto semplice, in quanto la procedura prevede di richiedere contributi aggiuntivi e figurativi che verranno sommati a quelli già versati al fine di raggiungere il requisito per cessare l’attività lavorativa e non ritrovarsi nella situazione di non poter mai andare in pensione. Questo vale in particolar modo per chi è prossimo ai 20 anni di contributi e ha compiuto 67 anni.
I contributi figurativi ammontano, nello specifico, a due mesi per ogni anno di lavoro effettivo svolto con invalidità (almeno al 74%) riconosciuta da una Commissione Medica Invalidi Civili delle Asl. Un anno di lavoro varrà in tal modo 14 mesi, mentre 6 anni avranno un valore di 7, e 25 anni saranno pari a 30, ovvero sarà possibile andare in pensione anche 5 anni prima del tempo. Un vero e proprio beneficio per chi ha un grado di disabilità elevato e ha continuato a lavorare.