Officina Italia è l’evoluzione di Officina L’Aquila, un progetto decennale nato nel capoluogo abruzzese nel 2009 all’indomani del terremoto del 6 aprile per assecondare i cambiamenti in atto nel mondo dell’edilizia e rispondere alle nuove esigenze delle comunità. Dopo una prima stagione positiva, il programma ha allargato i propri orizzonti con l’obiettivo di intercettare la nuova e impellente domanda proveniente dai territori dell’entroterra, i più colpiti da terremoto e pandemia.
Ricostruire il Piceno, riabitare l’Appenino è parte di un progetto a lungo termine e punta a rispondere a diverse tematiche che non riguardano esclusivamente la ricostruzione materiale e la ripopolazione di questi territori, ma anche un aumento della qualità della vita e la ripartenza dell’economia. Un ampio programma di riformulazione della vita di ognuno di noi che terminerà al Forum mondiale dei temi dell’abitare 2023 con l’obiettivo di condividere, attraverso la rete, le migliori esperienze maturate nelle Marche e in tutta la dorsale appenninica per approfondire la conoscenza delle problematiche da risolvere. L’idea di fondo è pragmatica: cercare di lavorare con gli imprenditori e con le istituzioni locali per proporre e realizzare il meglio per il territorio e per i suoi abitanti.
La prima tappa di questo ambizioso percorso di Officina Italia, di Carsa in collaborazione con la Fondazione Symbola, Federparchi – Europark Italia, Ance, CGIL, CISL, Uil, Consiglio Nazionale degli Ingegneri, si è svolta oggi nella ”Picanoteca Civica“ di Ascoli Piceno: tanti spunti di riflessione, provenienti anche da personalità istituzionali, su diverse tematiche: dalla ricostruzione edile alla crisi economica post covid, dalla salvaguardia del patrimonio naturalistico all’influenza del cambiamento climatico.
Ricostruire il Piceno, riabitare l’Appenino
Il primo dibattito è iniziato con le parole del Sindaco di Ascoli Piceno Marco Fioravanti: «Per far ripartire le aree interne non dobbiamo lamentarci, ma tendere la mano a tutti i territori: per il bene di tutti, Ascoli deve puntare a diventare una città metro-montana. Per attuare ciò, c’è bisogno di inserire il concetto di “sartorialità” nei provvedimenti: si deve ridurre il tempo di velocità degli atti, ma costruirli “su misura” della zona su cui avranno effetto. Attraverso la rete, vogliamo collegare tra loro le varie aree ed aumentare l’integrazione tra pubblico e privato per ripartire».
Successivamente è intervenuto Roberto Di Vincenzo, Presidente di Carsa e Coordinatore di Officina Italia Roberto, che si è concentrato sul turismo: «Sulle aree interne si sta sviluppando un turismo di mobilità che abbraccia le caratteristiche dei nostri territori: in queste aree la qualità della vita può essere alta, noi dobbiamo impostare le giuste condizioni per farla fiorire. Un esempio? La fibra ottica. Tutti i Comuni ne saranno dotati entro il 2022 e saranno collegati con il resto del mondo».
Il terzo ed ultimo intervento della prima discussione è stato quello del Segretario generale della Fondazione Symbolia Fabio Ranzi, il quale ha spiegato che «I due terremoti hanno solo accelerato delle dinamiche che sarebbero comunque venute fuori da qui a 20 anni. Ora dobbiamo ricostruire, ma possiamo farlo attraverso una messa in sicurezza tramite un progetto smart e innovativo che si rivolge ai territori più preziosi. L’Appenino è il “parco” più grande d’Europa, dobbiamo revitalizzarlo perché rappresenta un patrimonio immenso. L’Unione Europea mette in campo risorse consistenti: dobbiamo investire in salute, nel digitale e sull’ambiente».
Ricostruire il Piceno, le richieste del territorio
Dopo le idee e le proposte delle istituzioni e dalle due organizzazioni specializzate su temi territoriali, c’è stato spazio per le richieste provenienti dal territorio. I primi a prendere la parola sono stati i professionisti tecnici della ricostruzione.
Non ha avuto dubbi Stefano Babini, Presidente dell’Ordine degli Ingegneri della Provincia di Ascoli Piceno: «La vera responsabile del ritardo della ricostruzione è una burocrazia davvero ossessiva, aggravata per di più da tanti problemi tecnici negli uffici. Non è possibile che gli operatori sul territorio, cioè i “protagonisti principali” della ricostruzione, non abbiano voce in capitolo: c’è bisogno di un nuovo modo di relazionarsi e di lavorare insieme».
Ha rincarato la dose Leo Crocetti, Presidente provinciale del Collegio dei Geometri di Ascoli Piceno: «La burocrazia è l’avversario più grande che dobbiamo affrontare in ogni situazione di emergenza. Sono preoccupato perché non vedo all’orizzonte delle soluzioni immediate, le nostre categorie lavorano con malessere perché non ci sentiamo protetti dallo Stato».
Dario Nanni, Presidente Ordine degli Architetti della Provincia di Ascoli Piceno, ha ribadito il concetto: «Abbiamo bisogno di un quadro legislativo e normativo ben definito e soprattutto più semplice all’interno del quale muoverci. Sui beni vincolati o tutelati, gli interventi sono molto complessi. Dopo quattro anni e quattro diversi Commissari, speriamo che si possa finalmente invertire la rotta: durante ogni post-sisma, siamo ripartiti sempre dallo stesso punto».
La seconda parte dell’incontro è stata dedicata all’analisi del territorio e della sua popolazione.
Angelo Galeati, Presidente Fondazione Cassa di Risparmio di Ascoli Piceno, ha illustrato come contrastare la fuga di tanti giovani: «Lo spopolamento riguardano l’interno nostro territorio, dalle montagne fino al mare, già da circa vent’anni: il sisma ha solo accelerato questo processo. Per il futuro c’è bisogno di infrastrutture e di servizi che creino nuovi stimoli per gli abitanti delle nostre zone».
Successivamente ha preso la parola Augusto Curti, Coordinatore dei piccoli Comuni Anci Marche, ha spiegato come si muovono i diversi territori per fronteggiare situazioni di emergenza: «Il sistema della ricostruzione è centralizzato, la difficoltà principale dei tanti Comuni è restare uniti nonostante le loro differenze strutturali: in alcuni c’è bisogno “soltanto” di riparare e restaurare, mentre in altri si deve ricostruire da zero ed i tempi di lavoro sono inevitabilmente molto più lenti».
L’ultimo intervento è stato quello di Gian Luca Gregori, Rettore Università Politecnica delle Marche, che ha spostato il focus dell’attenzione sul tema economico: «Il territorio ha bisogno di una nuova modalità di abitare, perché i numeri di abitanti in calo ed i confronti con lo sviluppo di Comuni simili di altre Regioni sono impietosi. Il vero tema è quello dell’economia: la chiave sta nel ripartire delle piccole imprese locali. Il valore dell’Università deve essere quello di fare da collante tra i giovani e il loro territorio».
Città e territori, contro la crisi climatica
Terzo ed ultimo macro-tema del primo dei tre giorni è stato quello della crisi climatica e di come questa vada ad influenzare l’afflusso e la ripresa economica nelle aree montane.
In videoconferenza Sergio Galbiati, Presidente Fondazione Hubruzzo ha lanciato l’allarme: «Quella del clima è un’emergenza reale, anche se in pochi si pongono davvero il problema. In realtà la consapevolezza del problema è il primo passo, anche se il tempo che abbiamo per recuperare è poco. La quarantena, sotto questo aspetto, ci ha aiutato per aprire gli occhi e spero che ci abbia anche responsabilizzato per il futuro. Per quanto riguarda il tema della qualità della vita in montagna, è impossibile non associarlo a quello dell’attività lavorativa: il tessuto economico deve arrivare ad essere compatibile con l’ambiente e deve essere capace di attrarre e sostenere i giovani».
Secondo Marco Bussone, Presidente nazionale UNCEM, le aree non metropolitane stanno tornando ad acquisire importanza anche nell’opinione pubblica: «Nel post Covid devono essere messi al centro i territori e la montagna, che sta tornando un argomento di attualità soprattutto dopo la pandemia: ora la gente sta riscoprendo il fatto che si può vivere e fare impresa anche nelle aree interne, che oggi sono al centro di nuovi percorsi. La politica deve agevolare tutto ciò e ripartire dagli entri locali e incentivare le aggregazioni dei piccoli Comuni».
Al microfono è stato poi il turno di Lelio Iapadre, Professore di economia presso l’Università degli Studi dell’Aquila, che è partito dal globale per arrivare al territoriale: «Il cambiamento climatico rappresenta una sfida per tutto il mondo, che però ha effetti diversi su territori diversi. Bisogna prendere il toro per le corna, coordinarsi con coraggio a livello europeo e attuare differente politiche su differenti territori, coinvolgendo tutti: la classe imprenditoriale, i cittadini e le associazioni sul territorio. La politica, da sola, non può risolvere niente».
Un altro economista, il Vicepresidente CAIRE Giampiero Lupatelli, ha sottolineato la futura centralità della montagna: «L’argomento della pandemia ci cambierà la vita non per quello che è successo, ma per quello che succederà: davanti a noi c’è la più grande crisi economica che la nostra generazione abbia mai conosciuto. La pandemia inoltre ha messo in discussione densità e mobilità, elementi centrali della città: il consumo si sposterà sempre di più verso la montagna e verso il consumo di risorse ambientali».
Gianna Fracassi, Vicesegretaria generale CGIL, evidenzia l’importanza di una ripartenza decisa: «La resilienza è ormai un elemento caratteristico di chi vive in queste aree: gli effetti economici e sociali della pandemia sono stati devastanti. Ci sono inoltre tre transizioni da affrontare, quella ambientale, quella digitale quella demografica. Per questi motivi le risorse che abbiamo, come quelle del MES, vanno investite tutte e con coraggio, prima nella sanità e poi nel sistema economico-produttivo».
Donatella Ferretti, Assessore alla Cultura di Ascoli Piceno, spiega come le aree rurali siano state un po’ messe da parte dalle istituzioni: «La montagna è stata sempre penalizzata dalle politiche del nostro Paese, nonostante l’Italia sia in gran parte montana. Oggi chi vive in montagna viene visto con eroismo, non deve essere così. La pandemia ha impoverito ancora di più la montagna facendo chiudere scuole e ospedali, la politica deve fermare quello spopolamento continuo che ormai prosegue da decenni. Oggi stiamo riscoprendo i nostri territori ed è un bene, ma deve essere solo l’inizio: la montagna non deve essere “colonizzata” dalle istituzioni, ma messa in condizione di poter ripartire con la propria identità e con quella dei pochi che oggi ci vivono».
Alessandra Faggian, Prorettrice Gran Sasso Science Institute, spiega concretamente la delicata situazione che vivono le zone di montagna: «Alcune aree remote sono al di sopra dei 600 metri, molto lontane dai più vicini centri abitati. Mancano i servizi essenziali, che sono un problema non solo della montagna ma di tutte le aree interne in generale: mi riferisco alle scuola, agli ospedali e ai trasporti. Per risolvere questi problemi serve un piano preciso che nel lungo periodo coinvolga sempre più maggior capitale umano, capitale sociale e capitale economico».
L’ultimo intervento della giornata è quello di Guido Castelli, Presidente Fondazione IFEL: «L’approccio illuministico secondo cui la politica sceglie tutto è un approccio ottocentesco: bisogna andare oltre. Il Covid è stato come un pettine che ha fatto venire alla luce tanti nodi, ora dobbiamo capire come intervenire e con quale priorità. La salute, l’istruzione e i trasporti sono sicuramente priorità e non possono mancare in nessuna zona d’Italia. Dobbiamo uscire dall’idea che la questione montana sia una questione collaterale dello sviluppo del Paese».
La ricostruzione ed il territorio saranno argomenti al centro del dibattito anche nell’appuntamento di domani, mercoledì 15 luglio, dalle ore 16.00 presso la “Confindustria Centro Adriatico” di Ascoli Piceno, seconda delle tre giornate organizzate da Officina Italia per “Ricostruire il Piceno, riabitare l’Appennino”.