Ascolicityrumors.it ha chiamato la Trevalli per avere delle risposte. Pensare che tanti dipendenti sapevano come funzionava il processo di alcuni prodotti e a raccontarlo ai carabinieri è un ex dipendente
Il “terremoto” su latte e formaggi non si ferma. Anzi, la Procura di Pesaro va avanti e non si arresta minimamente sull’indagine che sta portando avanti su molti prodotti che hanno come marchio TreValli, soprattutto quelli trattati in stabilimenti a Montemaggiore al Metauro, comune di Colli al Metauro e a Jesi. Diversi prodotti venivano trattati con la soda caustica e anche con l’acqua ossigenata, tutto per far diminuire “l’acidità al latte andato a male”. Una vergogna. Il latte, che invece di essere tolto ed eliminato, a quanto si apprende, veniva rimesso in produzione.
Una procedura che tanti dipendenti sapevano da diverso tempo, il problema è che tante persone che usufruivano di questi prodotti lo sono venuti a sapere qualche tempo fa e sicuramente bene non ci sono rimasti. Ascolicityrumors.it ha contattato la Trevalli per avere delle informazioni e soprattutto un commento su tutto quello che sta accadendo ma nessuno è stato in grado di fornire elementi e si attende che tutto venga chiarito, anche perché quanto sta accadendo non riguarda tutte le aziende che fanno parte della Trevalli.
La Trevalli Cooperlat, in una nota aziendale, ci tiene a precisare alcune cose, ovvero che “le altre due strutture visitate nell’ambito dell’ispezione Nas/Icqrf sono un deposito di prodotti caseari, ubicato a Loria, in provincia di Treviso, dove gli ispettori hanno potuto constatare il perfetto stato degli ambienti sotto il profilo igienico-sanitario e l’altrettanta perfetta conservazione ed integrità dei prodotti che sono stati rinvenuti, nonché l’azienda agricola di un socio conferitore, situata nell’Alta Valmarecchia, in provincia di Rimini, nella quale sono stati effettuati dei prelievi di materia prima per le relative analisi”
C’è da dire che tutto pare sia nato da una denuncia e alcune informazioni che sarebbero arrivate da un ex dipendente che ha lavorato in quelle strutture da oltre vent’anni. Con dettagli precisi anche per come venivano lavorati i prodotti e smaltiti, a raccontarlo ai carabinieri è stato un ex dipendente. Ma la sensazione è che l’indagine non sia finita affatto qui anzi che ci sia ancora molto da verificare e valutare.