La crisi europea di Beko, colosso turco degli elettrodomestici con stabilimenti nelle Marche, suscita grandi preoccupazioni.
Non dà segni di cambiamento la difficilissima situazione degli stabilimenti Beko in Italia, e nel resto d’Europa. La multinazionale turca degli elettrodomestici, che appena pochi mesi fa aveva rilevato dall’americana Whirpool alcuni stabilimenti in Italia, è determinata con il piano di chiusure e licenziamenti.
La notizia, arrivata a fine novembre, aveva gettato lavoratori, sindacati e autorità politiche nel panico e nello sconcerto. Nessuno si sarebbe aspettato una decisione del genere, soprattutto da parte di un’azienda che aveva appena investito nel nostro Paese.
Beko era sbarcata in Italia lo scorso aprile, acquistando, tra gli altri, gli stabilimenti di Whirpool a Fabriano e Comunanza. A novembre ha annunciato la chiusura dell’impianto di Comunanza, insieme a quello di Siena, ad altri nel resto d’Europa, e la riduzione del personale a Fabriano. Un colpo durissimo per un territorio già in crisi.
La chiusura dello stabilimento Beko di Comunanza, dove si producono lavatrici, rischia di avere ripercussioni devastanti su tutto il territorio, nell’indotto e nei servizi. Lo stabilimento impiega attualmente 320 lavoratori, la perdita di questi posti di lavoro rischia di desertificare un’intera zona e qualcuno ha già parlato di “morte dei Sibillini“, per la località dell’ascolano ai piedi del Parco Nazionale dei Monti Sibillini. Negli ultimi giorni i lavoratori della Beko in Italia hanno preso parte a scioperi e manifestazioni davanti agli stabilimenti di Comunanza, Fabriano e Siena. I sindacati sono determinati e gli amministratori locali hanno espresso la loro vicinanza, partecipando alle iniziative di protesta.
I sindacati dei lavoratori Beko promettono battaglia, per nulla intenzionati ad assecondare il piano distruttivo dell’azienda. Incomprensibile e incredibile da parte di una grande società che meno di un anno fa aveva annunciato la un nuovo grande polo degli elettrodomestici in Europa.
A Comunanza si è tenuta un’assemblea pubblica a cui hanno partecipato i sindacati e oltre 60 sindaci del territorio. La chiusura dell’impianto di Comunanza mette in allarme un’intera comunità, per le conseguenze negative per tutti e non solo per i lavoratori interessati. All’assemblea, il segretario nazionale della Uilm, Gianluca Ficco, ha sollecitato il governo a prendere provvedimenti concreti e utilizzare il golden power, ovvero il potere d’intervento nella crisi, per impedire le chiusure degli stabilimenti e i licenziamenti di personale. “Se il governo vuole i sindacati dalla propria parte, faccia quello che deve fare; altrimenti, ci avrà come avversari”, ha avvertito Ficco.
Allo stesso modo, il segretario provinciale della Fiom Cgil Ascoli Piceno, Alessandro Pompei, ha sottolineato che la situazione di Beko è molto preoccupante e che i rappresentanti sindacali non sono convinti dalle rassicurazioni date dal governo. “Vogliamo i fatti”, ha aggiunto. “Le raccomandazioni, se rimangono tali, non servono a nulla: o c’è il golden power e il governo pone un veto sulla dismissione dei siti italiani, oppure, saranno solo delle raccomandazioni. Aspettiamo azioni concrete”, ha concluso il sindacalista.
Sulla stessa linea anche Simone Puglia della Fim Cisl della provincia di Ascoli: “Chiediamo all’esecutivo di esercitare questi poteri speciali perché è l’unica strada per bloccare un piano di distruzione industriale che è quello che Beko ci ha presentato”.
Nel frattempo, per sabato 7 dicembre si terrà a Comunanza una manifestazione di protesta che coinvolgerà lavoratori, sindacati, amministratori e cittadini, con un corteo che partirà dallo stabilimento Beko e sfilerà anche per le vie del centro cittadino. Mentre il 10 dicembre è in programma un incontro tra il governo e i rappresentanti di Beko, per trattare su una crisi che rischia di travolgere sedi aziendali e interi territori.
Vicinanza ai lavoratori di Beko è stata espressa anche dal presidente della Camera di Commercio delle Marche, Gino Sabatini, che ha evidenziato come la chiusura dello stabilimento di Comunanza rischia di “far collassare l’economia generale di tante altre imprese“.