Le cartelle esattoriali rappresentano un problema per molti contribuenti che, per una ragione o l’altra, hanno maturato debiti col Fisco.
Può capitare a tutti di dimenticarsi di pagare una tassa, di commettere errori nei calcoli o ancora di non avere le risorse economiche per onorare quanto dovuto. Anzi, negli ultimi anni i debitori verso lo Stato sono aumentati considerevolmente, e in parte è colpa della situazione economica del nostro Paese che non va propriamente benissimo.
Naturalmente parliamo di cittadini, imprese o famiglie che hanno difficoltà e non dei soggetti che in modo fraudolento eludono il Fisco. Nel primo caso, esistono delle chance per non veder perdere tutto, perché alcune Leggi “consentono” di non pagare i debiti, o comunque danno qualche possibilità in più. Ma non stiamo parlando delle rottamazioni o sanatorie, bensì di una normativa particolare che risale a qualche anno fa.
Quando si parla di debiti col Fisco dobbiamo partire da due assodati: il primo è che i cittadini hanno il dovere di pagare le tasse e il secondo è che se i medesimi cittadini non hanno i soldi lo Stato non può esigerli, o almeno non subito. Forse non tutti sanno, a quest’ultimo proposito, che l’Agenzia delle Entrate non può confiscare i beni immobili in determinate circostanze, ovvero quando il contribuente debitore non ha altro che la propria casa. Va aggiunto inoltre che nella maggior parte dei casi poi, la riscossione coattiva si attiva per debiti che superano i 100 mila euro.
Ovviamente, non è certo piacevole trovarsi pieni i debiti, ma come detto può capitare a chiunque perché nella vita purtroppo avvengono anche eventi tragici ai quali non si è sempre preparati. Fortunatamente, alcune Leggi e normative danno una speranza a coloro che, anche volendo, non hanno le risorse per pagare un debito pregresso.
Più precisamente, parliamo della Legge numero 228 del 24 dicembre 2012 e di quanto si prevede nell’articolo 1, commi dal 537 al 543, in cui si normano le procedure di cancellazione della riscossione delle cartelle. Quando un cittadino/contribuente riceve una cartella, ha 60 giorni di tempo per fare ricorso e chiederne la cancellazione, adducendo le sue motivazioni.
Secondo la normativa di cui sopra, in questo caso è previsto un certo iter: l’Agenzia delle Entrate deve esaminare la richiesta e girarla entro 10 giorni all’Ente che l’ha emessa. Poi l’Ente risponde alla richiesta, negativamente o positivamente. Se però questa procedura non termina nell’arco di 220 giorni, allora la cartella viene annullata automaticamente. Un “escamotage” legale che dà un po’ di speranza a chi ha contratto debiti e non riesce a pagarli.