La notizia del cassiere del Pam licenziato dopo il test del finto cliente ha fatto il giro del web e non solo, ma è legale farlo?
Negli scorsi giorni si è sentito molto parlare della vicenda dei cassieri Pam sottoposti da parte dell’azienda al test del finto cliente. Una pratica spesso utilizzata dalle catene dei supermercati per mettere alla prova i propri dipendenti. In altre parole, un controllo interno non annunciato, effettuato da ispettori in incognito che si fingono normali clienti e nascondono prodotti nel carrello per valutare il livello di attenzione dei cassieri.
Ciò che però ha fatto esplodere il caso tra Livorno e Siena non è tanto il test utilizzato, che come abbiamo già detto è in uso in diversi settori, ma le modalità. Nei punti vendita Pam sembra infatti che gli ispettori abbiano agito in modo molto invasivo, non limitandosi a nascondere la merce, ma esercitando anche delle pressioni psicologiche, con provocazioni e trappole. A seguito di questi test, tre cassieri sono stati licenziati. Viene naturale quindi chiedersi se tutto questo sia legale.
Secondo i sindacati Filcams Cgil, UilTucs ed altre sigle, i metodi utilizzati dagli ispettori Pam avrebbero natura vessatoria, in quanto nascerebbero con l’intento di indurre i dipendenti in errore. Inoltre, i sindacati contestano il fatto che il test sia costato ai dipendenti il licenziamento immediato “per giusta causa” e non un semplice richiamo disciplinare. La posizione dei rappresentati dei lavoratori è quindi chiara, ma che cosa dice la legge italiana a riguardo?
È bene innanzitutto precisare che la normativa italiana non vieta i controlli sotto copertura, purché siano finalizzati alla tutela del patrimonio o alla qualità del servizio, non configurino controllo a distanza vietato dallo Statuto dei lavoratori e rispettino il principio di proporzionalità. Ovvero non è ammesso creare difficoltà artificiali che rendano il test un tranello a tutti gli effetti. Ed è proprio questo ultimo punto che i sindacati contestano nel caso Pam.
Per rispondere alla domanda bisogna inoltre ricordare che in Italia il licenziamento per giusta causa deve basarsi su un comportamento talmente grave da rendere immediatamente impossibile la prosecuzione del rapporto di lavoro. Dunque, non è sufficiente un semplice errore o un errore ripetuto se non di riesce a dimostrare dolo o grave negligenza.
Secondo gli esperti di diritto del lavoro, la mancata individuazione di un oggetto molto piccolo e ben nascosto all’interno di prodotti voluminosi difficilmente può costituire giusta causa, ad eccezione di alcuni casi particolari. A ciò si aggiunge il fatto che trattandosi di un test il licenziamento può risultare un provvedimento sproporzionato.
Il dipendente, infatti, non sta realmente tollerando un furto, ma è vittima di una simulazione creata per coglierlo in errore. Quindi, almeno in teoria, la procedura adottata da Pam parrebbe non essere legale al 100%. La vicenda resta tuttavia controversa e spetterà molto probabilmente ad un giudice stabilire chi abbia ragione.