Pur avendo perso il lavoro, si può continuare a versare i contributi per percepire un giorno la pensione. Ecco le regole da rispettare.
Un passaggio cruciale nella vita di tutti noi. E che abbiamo patito, almeno una volta. Spesso, non per mancanze nostre, ma per decisioni arbitrarie e unilaterali delle aziende dove abbiamo lavorato. O per il collasso delle stesse. Insomma, stiamo parlando del licenziamento che, per alcuni, può essere visto come un vero e proprio dramma. Oggi, però, vi suggeriremo come fare per continuare ad accumulare i contributi (e, quindi, i diritti per la pensione) anche se avete perso il vostro posto di lavoro.
Lo abbiamo accennato. Essere licenziati è qualcosa che coinvolge non solo l’aspetto finanziario ma anche quello emotivo e sociale degli individui. La perdita del lavoro può colpire duramente l’equilibrio economico di una persona e della sua famiglia. La mancanza improvvisa di reddito può portare a problemi di natura finanziaria, con possibili difficoltà nel pagare mutui, bollette e spese quotidiane.
Questo stress potrebbe avere ripercussioni significative sulla salute mentale, aumentando il rischio di depressione e ansia. Non solo. Chi perde il proprio lavoro si trova davanti a un bivio anche per ciò che concerne gli aspetti fiscali e pensionistici. Oggi vi spiegheremo come poter continuare a salvare la vostra prestazione, anche se avete perso l’occupazione.
È possibile salvare la pensione anche se si perde il lavoro: ecco la soluzione
Il riferimento è ai versamenti volontari, un concetto che, al giorno d’oggi, è sempre più presente nel dibattito. Tante persone, infatti, si muovono autonomamente per garantirsi una pensione che, altrimenti, sarebbe un vero e proprio miraggio. Questo meccanismo permette agli assicurati di integrare o perfezionare i requisiti contributivi per la pensione.
I versamenti volontari consentono agli assicurati di coprire periodi di lavoro non contributivo o di incrementare l’importo della propria pensione, anche una volta raggiunti i requisiti minimi. Un esempio noto è il riscatto degli anni di laurea, che consente agli ex studenti universitari di assicurare fino a 6 anni di studio ai fini pensionistici.
Non pensiate, comunque, che sia tutto così facile e automatico. Dev’essere, infatti, l’INPS a verificare che il periodo in questione non sia coperto da altre forme di contribuzione ed eventualmente autorizzare l’operazione.
I costi dei versamenti volontari dipendono dalla durata e dal tipo di periodo contributivo da riscattare, nonché dall’età, dal sesso e dalla retribuzione del richiedente. Ed è sempre l’INPS ad effettuare il calcolo. I versamenti volontari sono deducibili fiscalmente ai fini dell’IRPEF fino a un massimo di 5.164 euro all’anno. Questo è uno dei motivi per i quali in tanti stanno pensando a tale formula, anche se hanno perso il lavoro.