Prezzi degli alimenti incontrollati e probabilmente non si fermeranno neppure nel 2026: cosa sta succedendo.
Il cibo non dovrebbe essere un lusso, in quanto bene primario. Eppure, in tutto il continente europeo, in dieci anni abbiamo assistito a un rincaro che corrisponde quasi al doppio del prezzo originale. Soprattutto le famiglie a basso reddito ne hanno risentito.

Una serie di dinamiche geopolitiche, e l’assenza di misure concrete per contrastarne gli effetti, stanno mettendo in difficoltà i consumatori. Quel che è peggio è che probabilmente questo aumento proseguirà anche nel 2026.
I prezzi degli alimenti stanno aumentando e non si fermeranno
Dal 2015 i prezzi dei generi alimentari sono aumentati del 40%. Nonostante l’inflazione si sia – in un certo senso – normalizzata dalla pandemia, i consumatori pagano circa un terzo in più rispetto al 2019. Un impatto che intacca soprattutto le finanze delle famiglie a basso reddito. In particolare, negli ultimi sei anni, i prodotti che hanno subito un incremento incontrollato sono latte, burro, caffè, uova, olio d’oliva, cacao e cioccolato. Non sono però gli unici.

Secondo l’Eurostat, i prezzi del manzo, così come del pollame e del maiale sono aumentati del 38-44% dal 2015. Il conflitto russo-ucraino, e le conseguenti sanzioni ai danni della nazione occupante, non hanno fatto altro che contribuire ad alzare ulteriormente i prezzi. La presa di posizione dell’Ue ha riguardato in primis le fonti energetiche, una decisione che si è ritorta contro il continente come un effetto boomerang.
In Spagna, inoltre, ha contribuito anche la siccità, che ha reso sostanzialmente prodotti come l’olio d’oliva, caffè e cacao merce rara. È stata necessaria l’importazione dal Ghana e dalla Costa d’Avorio per rispondere alla domanda dei consumatori. In Italia non va tanto meglio. Secondo il recente rapporto Istat, quello che un tempo riuscivamo a mettere in tavola con 23 euro, ora costa 30. Non è un aumento di poco conto.
Prosciutto crudo a più di 60 euro al chilo, 30 euro per il tonno sott’olio. Parliamo di +27% dal 2022, anno dello scoppio della guerra in Ucraina. La prima conseguenza si traduce in una selezione più accurata degli alimenti e dei luoghi dove acquistarli. Cresce il flusso nei discount, diminuisce nei supermercati e nei mercati che vendono frutta, verdura, carne e pesce fresco. Inoltre si comprano molti meno prodotti. Nel 2021 l’indice di riferimento era 100, sceso al 93,5% nel mese di giugno dell’anno corrente.
Una situazione che con il Patto di Stabilità, la quota 5% del PIL in armi e la scadenza del Pnrr potrebbe peggiorare ulteriormente.





