Quando un datore di lavoro concede un prestito ad un dipendente deve fare attenzione a non commettere errori sulla tassazione
Sono milioni gli italiani lavoratori dipendenti, ovvero persone che, nella mansione del proprio lavoro, devono dare conto ad un capo. Solitamente chi lavora sotto un capo fa parte di una azienda e il welfare, cioè il benessere aziendale deve essere sempre garantito dal datore di lavoro.
Proprio nell’ottica di welfare aziendale il datore di lavoro può concedere ai propri dipendenti dei prestiti in denaro ai dipendenti. Si tratta di prestiti che hanno, ovviamente, condizioni più vantaggiose rispetto quelle di mercato, come i tassi di interesse particolarmente bassi.
Quando un datore di lavoro concede un prestito ad un dipendente si parla di fringe benefit che concorre a formare il reddito del lavoratore. Proprio per questo motivo che il fringe benefit è soggetto a tassazione a fini IRPEF: nel dettaglio sono tassati i prestiti diretti e quelli agevolati.
Per prestito diretto si intende quando il datore di lavoro concede l’importo direttamente a titolo di prestito e provvede a trattenere in busta paga una rata mensile di restituzione. Per prestito agevolato si intende invece un accordo stipulato tra datore di lavoro e banche: questo prestito consente al lavoratore di usufruire di condizioni vantaggiose sui tassi di interesse.
Le forme di prestito del datore di lavoro, come detto, rientrano nella base imponibile ai fini IRPEF e, nel dettaglio, rientra il 50% della differenza tra l’importo degli interessi calcolato al tasso ufficiale di sconto vigente al termine di ciascun anno e l’importo degli interessi calcolato al tasso applicato sugli stessi.
Quando un datore di lavoro concede un prestito ad un dipendete deve prestare quindi molta attenzione all’imponibile fiscale. Ci sono, nello specifico, cinque errori da non fare assolutamente: vediamo le cose corrette da fare quali sono.
Per prima cosa l‘imposizione fiscale dell’eventuale fringe benefit deve avvenire al momento del pagamento di ciascuna rata del prestito concesso secondo il piano di ammortamento concordato, ad esempio su base mensile e considerando il Tasso Ufficiale di Riferimento al 31 dicembre dell’anno precedente.
A fine anno, in sede di conguaglio, si dovrà rideterminare il reddito utilizzando il TUR vigente al 31 dicembre dell’anno in corso, praticando eventuali conguagli rispetto alle somme considerate imponibili mese per mese.
Ancora, la differenza del 50% tra l’importo del TUR e l’importo degli interessi al tasso applicato è soggetto anche alla contribuzione INPS. Nel caso in cui il TUR risulta essere pari a zero non si configurerebbe nessun benefit da sottoporre a prelievo contributivo e fiscale.