Smart working, valorizza la carriera oppure no? Ecco cosa è emerso dai dati, è bene sapere di cosa si tratta, attenzione alle trappole.
Quando entra in gioco il “lavoro flessibile”, tutti vogliono fare lo smart working, ma non sempre sembra essere un vantaggio. Ecco cosa significa porre in essere questa modalità di lavoro, soprattutto serve capire un assunto fondamentale: penalizza o no la carriera? I dati dell’analisi permettono di porre in essere la riflessione alla quale ci sono importanti risposte da fornire. Nel 2023 grazie alle nuove tecnologie si può davvero rivoluzionare il mondo dell’occupazione, ma a che prezzo?
Si parla di smart working dal 2020, anno nel quale la pandemia di coronavirus ha rivoluzionato lo stile di vita di tutti. Per un po’ si è accettata questa modalità di lavoro “alternativa”, pur di non restare fermi. Molti ci hanno visto delle garanzie, specie nella riduzione dei costi, ma anche per le innumerevoli comodità. Insomma, avere la libertà di poter lavorare in qualsiasi posto, senza subire lo stress di doversi recare in sede, è un grande vantaggio.
Ma la domanda sorge spontanea, la carriera ne può risentire? Ecco cosa salta fuori, occorre fare le giuste distinzioni, e capire cosa si va a cercare e si crede che possa essere la condizione migliore.
Smart Working, è un vantaggio? La parola agli esperti
Dire che lavorare da casa sia vantaggioso, non è un’assurdità. In termini di costi di spostamento, comodità e litigi con i colleghi, non si può non affermare che questi siano dei punti a favore che molti nelle loro professioni invidiano. Ma lo smart working permette un avanzamento di carriera?
Quando si lavora in sede si hanno maggiori scontri, di conseguenza: competitività, tensioni e ambizioni, si coniugano in un tutt’uno. Allora, ci sono maggiori possibilità di avanzamento di carriera in parte perché si ha quell’adrenalina che chi è comodo in casa propria non ha. Infatti, essere “eccessivamente in uno stato di comfort”, non permette di vivere quello “stress sano” che permette di porre in essere le armi per avanzare di carriera.
Così, si giunge a delineare un prospetto interessante: lavorare da casa è piacevole, molto più che farlo in ufficio, ma è meno stimolante a livello di avanzamento di carriera. Attenzione, quest’ultima condizione è possibile, ma a quanto pare con una casistica in percentuale ridotta. Si parla di 5,6% di coloro i quali vanno del tutto o solo parzialmente in sede, contro chi sta tutto il tempo in casa che rientra in un 3,9%.
A condividere la notizia è il quotidiano di New York, il Wall Street Journal, e lo fa mediante l’indagine di Live Data Technologies. Questa riconosce di contro che chi lavora 50 e 50, sia a casa che al lavoro, non ha subìto il decremento in questione. Ma com’è possibile? E’ solo frutto della tendenza a “vivere meno stress”, oppure c’è una qualche preferenza dei datori di lavoro? Anche questa variabile purtroppo, rientra nell’analisi. Ci sono capi che prediligono chi giunge in ufficio, rispetto a chi rimane a casa, magari per esigenze familiari come la cura dei figli o delle persone anziane.
Questa è una condizione anche di genere, perché affliggerebbe maggiormente le donne che nella società contemporanea sono quelle che risentono maggiormente del doppio carico di lavoro. In conclusione, si conferma che lavorare da casa potrebbe per l’analisi svolta, determinare una minor possibilità di avanzamento di carriera.