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Politica

Cosa si vota al referendum dell’8 e 9 giugno e perché è importante votare

Nelle giornate di domenica 8 e lunedì 9 giugno, gli italiani sono chiamati al voto per cinque referendum abrogativi. Ecco per cosa si vota.

Nei giorni di domenica 8 e lunedì 9 giugno gli italiani sono chiamati ai seggi per votare cinque referendum abrogativi, ovvero per eliminare leggi o parti di legge. I giorni di voto coincidono con quelli dell’eventuale ballottaggio che si terrà nei Comuni dove si vota anche per le elezioni amministrative.

Cosa si vota al referendum dell’8 e 9 giugno e perché è importante votare (Magie Landini foto Ansa) – Ascoli.cityrumors.it

Si vota domenica 8 giugno dalle 7 alle 23 e lunedì 9 giugno dalle 7 alle 15. Per la validità del voto, dunque per abrogare le norme oggetto dei referendum è necessario raggiungere il quorum, ovvero che abbia votato il 50% + 1 degli aventi diritto.

Il raggiungimento del quorum è molto difficile, perché richiede una elevata partecipazione al voto che negli ultimi anni è diminuita parecchio, sia al voto alle elezioni politiche e amministrative sia al voto per i referendum e infatti quelli abrogativi si sono risolti in un nulla di fatto. Eppure partecipare al referendum è un esercizio di democrazia, al di là delle preferenze.

Referendum 8-9 giugno: i cinque quesiti per i quali si vota

Ai referendum dell’8 e 9 giugno si vota per cinque quesiti in cui si chiede ai cittadini di abrogare parte della legge sulla cittadinanza, per portare da 10 a 5 anni il periodo di residenza necessario per chiedere la cittadinanza italiana, e altre norme del Jobs Act e sulla sicurezza nei posti di lavoro per cambiare le regole sui licenziamenti, ridurre i contratti a termine ed estendere le responsabilità in caso di infortuni sul lavoro.

Referendum 8-9 giugno: i cinque quesiti per i quali si vota (fac-simile schede, .interno.gov.it) – Ascoli.cityrumors.it

Il primo quesito, con la scheda verde, riguarda l’abolizione del contratto di lavoro a tutele crescenti del Jobs Act. Con il referendum si vuole reintrodurre il diritto di reintegro in caso di licenziamento illegittimo di un lavoratore assunto a tempo indeterminato in un’azienda con più di 15 dipendenti. Questo diritto era previsto dall’art. 18 dello Statuto dei Lavoratori e il Jobs Act lo ha di fatto eliminato – lasciandolo solo per i licenziamenti discriminatori – per tutti i lavoratori assunti dopo il 7 marzo 2015. In caso di licenziamento illegittimo, i lavoratori assunti dopo questa data possono ottenere solo un indennizzo (a meno che non siano stati discriminati). Con il referendum si torna alla normativa precedente al Jobs Act.

Il secondo quesito, con la scheda arancione, riguarda i licenziamenti nelle piccole imprese, quelle con meno di 16 dipendenti. Oggi, chi lavora in queste imprese e viene licenziato in modo ingiustificato può ottenere un indennizzo fino a un massimo di 6 mesi di stipendio. Con il referendum si vuole eliminare questo limite massimo, lasciando al giudice la facoltà di stabilire l’ammontare dell’indennità, tenendo conto di vari fattori: anzianità di servizio, gravità della violazione e capacità economica dell’azienda.

Il terzo quesito, contenuto nella scheda grigia, riguarda i contratti a termine. Propone di abrogare le norme del Jobs Act che hanno agevolato le assunzioni a tempo determinato. Oggi un datore di lavoro può assumere un lavoratore con un contratto a termine fino a 12 mesi di durata senza dover fornire delle giustificazioni (causali). Queste ultime sono obbligatorie solo se si supera la durata di 12 mesi, ad esempio un aumento temporaneo della produzione. Con il referendum le causali diventano obbligatorie anche per i contratti sotto i 12 mesi.

Il quarto quesito, nella scheda rosa, riguarda la sicurezza sul lavoro. Il referendum punta ad estendere la responsabilità per la sicurezza dei lavoratori in caso di appalto e subappalto. Oggi, in caso di infortuni sul lavoro le norme sull’appalto prevedono che il lavoratore danneggiato possa chiedere di essere risarcito solo dall’impresa che lo ha assunto direttamente, per svolgere lavori in appalto o subappalto e non anche dall’impresa committente, ovvero che ha commissionato i lavori. Quest’ultima risponde in solido (ovvero il lavoratore può rivolgersi direttamente contro questa) con l’appaltatore o il subappaltatore solo per i danni subiti dai lavoratori senza copertura assicurativa. Il referendum, invece, punta ad estendere la responsabilità per gli infortuni o le malattie professionali anche all’impresa committente, che dunque dovrà fare attenzione a chi affida in appalto i lavori. L’obiettivo è anche quello di regolamentare l’infinita catena di appalti e subappalti che comporta scarico di responsabilità e spesso violazione delle regole di sicurezza a danno dei lavoratori. Gli infortuni sul lavoro, infatti, accadono più spesso in queste situazioni in cui i lavoratori sono assunti da imprese che hanno ottenuto incarichi in subappalto del subappalto dell’appalto e spesso si tratta di piccole imprese incapienti e non in grado né di assicurare adeguata sicurezza sui luoghi di lavoro né di risarcire i lavoratori danneggiati.

Il quinto questo, infine, quello della scheda gialla, riguarda la legge sulla cittadinanza. Oggi, per diventare cittadini italiani, secondo la legge che risale al 1992, occorrono alle persone extracomunitarie maggiorenni dieci anni continuativi di residenza in Italia. Con l’abrogazione delle vecchie norme si vuole dimezzare questo periodo, portandolo a 5 anni di residenza continuativa in Italia. Restano in vigore gli altri requisiti per ottenere la cittadinanza: conoscere la lingua italiana, avere un reddito stabile e non avere commesso reati. Va precisato che per ottenere la cittadinanza, nei fatti, ci vogliono più di 10 anni, perché una volta raggiunto questo traguardo e presentata la domanda per diventare cittadini italiani, le lungaggini burocratiche possono richiedere fino a 3 anni di tempo. Dunque, in pratica, oggi si diventa cittadini italiani dopo 13 anni, se passa il referendum il termine si ridurrà a 8 anni.

Ricordiamo che per ottenere l’abolizione delle norme di legge proposte nei quesiti dei referendum occorre votare sì, mentre occorre votare no se si vuole lasciare tutto com’è. La domanda posta in ciascun quesito, infatti, chiede ai cittadini se vogliono abolire la legge o la norma di legge indicata.