Ascoli, CNA: “Nelle Marche in nove mesi hanno chiuso 247 negozi, quasi uno al giorno”

In nove mesi hanno chiuso 247 negozi, quasi uno al giorno. Da 18.081 attività si è passati a 17.834. Il dato è regionale, a fornirlo è la Cna, ed evidenzia la criticità economica che il Covid-19, con i suoi lockdown, ha creato al settore commerciale ed artigianale. Sono quelli che non ce l’hanno fatta e sono stati sconfitti dal Coronavirus prima e dalla burocrazia poi. Il prezzo più pesante, stando all’analisi della Cna, è stato pagato dagli ambulanti (-137) a causa delle limitazioni ai mercati ed alla circolazione delle persone.

Duramente colpiti anche i negozi di abbigliamento (-57), gli esercizi commerciali di prodotti per uso domestico (-42), i negozi di paese non specializzati, dove puoi trovare di tutto (-40), le ferramenta (-28), edicole cartolerie (-27), commercio al dettaglio di articoli culturali e ricreativi (-26).

Il picco delle chiusure è atteso a gennaio e non finisce qui. Secondo una indagine dell’Istituto Tagliacarne, anche nei primi mesi del prossimo anno molte serrande si abbasseranno e non si rialzeranno più. Il motto univoco è salvare il Natale. L’Unione Commercio e Turismo Cna Marche, chiede a governo e regione che, in prossimità delle feste natalizie, vengano allentate alcune misure restrittive, che gravano sul settore della distribuzione al dettaglio, per non perdere il periodo commercialmente più interessante dell’anno e per restituire vivibilità ai piccoli paesi e ai centri storici delle città marchigiane.

“Auspichiamo – sottolinea Gabriele Di Ferdinando, responsabile Unione Commercio e Turismo Cna Marche – il posticipo alle 22 della chiusura dei negozi, eventualmente con ingressi regolamentati nelle strade e nelle piazze dedicate allo shopping. Inoltre riteniamo utili tutte le leve commerciali finalizzate a rilanciare la vendita nei negozi al dettaglio delle città marchigiane”. Secondo l’indagine dell’Istituto Tagliacarne, due imprese del commercio su cinque lamentano un deterioramento della liquidità a seguito dell’emergenza sanitaria. Una su cinque chiede azioni a sostegno dei consumi e il 16 per cento punta sui ristori. Solo il 27 per cento degli imprenditori del commercio, ritiene di poter recuperare i propri livelli produttivi nel 2021. “Un mondo che scompare – dice Di Ferdinando – e che, in molti casi, non ha potuto contare nemmeno sui ristori, perché negozi e botteghe sono rimasti aperti ma c’è stato un crollo nelle vendite. Così si lacera un tessuto sociale che, nei borghi e nei centri storici, è basato sui negozi di vicinato, e si perdono imprese e posti di lavoro”.
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