Ascoli, Rocca Montevarmine: la Cia Agricoltori chiede un primo bilancio

«Dopo un anno mezzo dalla assegnazione definita dei lotti di Rocca MonteVarmine è tempo di fare un primo bilancio dell’avanzamento del progetto di agricoltura sociale promosso dal Comune di Fermo». E’ il monito lanciato dalla Cia Agricoltori provinciale. «Come confederazione Italiana Agricoltori abbiamo sostenuto la posizione degli ex-affittuari che ritengono irrealizzabile i progetti di agricoltura sociale proposti dalle aziende assegnatarie – fanno sapere dalla Cia provinciale – Abbiamo posto agli organi giudiziari anche la questione di come fosse assurdo che gli ex affittuari nell’accettare la prelazione dovevano realizzare un progetto fatto su misura da altri; per esempio un lotto prevede la realizzazione di un frantoio in assenza di oliveto, oppure che una azienda si deve caricare l’onere di ristrutturazione di un immobile palesemente sovraddimensionato al lotto vedasi “la casina della caccia”».

 

«Il problema purtroppo – proseguono dalla confederazione agricoltori – non nasce nella prelazione, dove è stata data ragione al Comune, ma nella fase di valutazione da parte del Comune dei progetti. Il Comune doveva valutare la sostenibilità del progetto di ogni singolo lotto e non un progetto, che era sostenibile solo se si fosse verificata l’eventualità che ad un soggetto fossero assegnati più lotti. Purtroppo si ritiene che anche i progetti che includano più lotti complessi, siano di difficile attuazione. Pertanto, visto che questa aggiudicazione ha comportato socialmente un danno alla comunità di Carassai in cui diverse famiglie hanno perso il lavoro si ritiene giusto che i cittadini conoscano i maggiori benefici sociali che il progetto sta portando al territorio che giustificano il sacrificio sociale già fatto».

«Come organizzazione, nell’interesse degli ex affittuari ma anche a nome di tutti i cittadini chiediamo al Comune di dare una informativa chiara sullo stato di avanzamento di questo progetto ed il rispetto degli obblighi previsti dal bando: attività sociali avviate; assoggettamento a biologico di tutte le superfici; pagamento del canone di locazione per il primo anno; regolarità contributiva dell’azienda (appare doveroso che una impresa che svolga attività sociale rispetti in primis i diritti dei propri dipendenti); opere realizzate per la messa in sicurezza degli edifici; produzioni di qualità realizzate in questo primo anno in quanto al momento non risulta che i terreni siano coltivati. Come Organizzazione riteniamo anche necessario verificare se il Comune in fase di istruttoria abbia correttamente valutato i requisiti oggettivi delle aziende assegnatarie in quanto non si capisce perché queste conducono numerose operazioni colturali usufruendo dei servizi elargiti da soggetti terzi. Allo scopo abbiamo richiesto un accesso agli atti ma restiamo a disposizione ad un confronto con il Comune in cui possa dare garanzia di aver istruito in maniera trasparente gli atti. Infine resta il punto dolente, cioè quello di chiarire la legittimità di cedere rami di azienda che includono anche i fondi presi in affitto dal Comune, da parte dei soggetti assegnatari ad altri soggetti».

 

«Riteniamo –  concludo dalla Cia Agricoltori – che questa sia una forma elusiva che permette da una parte all’assegnatario di garantire dei requisiti previsti dal bando che forse non è più in grado di garantire e dal’altra permette al nuovo assegnatario di acquisire un fondo senza la partecipazione ad una gara. Come organizzazione dobbiamo rilevare che, diversi mesi fa, abbiamo chiesto un chiarimento anche con un parere legale e non abbiamo avuto una risposta. Abbiamo pertanto ritenuto opportuno avvisare la Procura della Repubblica della inadempienza da parte del Comune».

 

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