Le associazioni degli agricoltori, Coldiretti, Cia, Confagricoltura e Copagri, tornano a denunciare la pesantissima situazione vissuta dalle aziende agricole di fronte a campagne invase dal proliferare indisturbato della fauna selvatica con i conseguenti ingenti danni alle coltivazioni.
Una fonte di continuo pericolo per agricoltori e automobilisti. Danni che arrivano soprattutto dalle incursioni dei cinghiali che si abbattono sulle coltivazioni cerealicole ma anche sulle recinzioni protettive.
Una situazione letteralmente sfuggita di mano che gli Atc devono quanto prima regolarizzare e risolvere. Un equilibrio ambientale difficile da ritrovare e spesso non adeguatamente coordinato e governato. Soprattutto dopo i mesi del lockdown, durante i quali i branchi sono aumentati di numero con le attività di contenimento di cacciatori e selettori ferme, nonostante la possibilità di operare comunque in condizioni di sicurezza. Una devastazione senza fine, tanto che alcune colture non vengono neanche più riprese perché sistematicamente distrutte.
Proprio dai cinghiali arriva il 75% dei danni in agricoltura: 2,5 milioni tra 2013 e 2017 ha calcolato il report regionale sul contenimento degli ungulati. Senza contare i 150 incidenti automobilistici registrati dal Piano faunistico venatorio regionale. Con il risultato che gli agricoltori, in prima linea durante l’emergenza sanitaria per non far mancare i rifornimenti alimentari del Paese, sono rimasti abbandonati alla conta dei danni. Unica consolazione, magra perché per le imprese il poter lavorare in tranquillità sarebbe la condizione ottimale, è la velocità che hanno preso negli ultimi anni i risarcimenti da parte di molti Atc, non tutti in verità, per i danni da selvatici.
Dopo anni di ritardi e lungaggini burocratiche le associazioni degli agricoltori sono riuscite a ottenere procedure più spedite, oltre alla possibilità da parte degli agricoltori stessi (in possesso di licenza di caccia e debitamente formati) di poter cacciare all’interno del proprio fondo.