ASCOLI – “Un detenuto italiano di circa 60 anni, recluso presso la Casa circondariale di Ascoli Piceno per maltrattamenti in famiglia con fine 2022, senza apparente motivo, mentre veniva accompagnato presso l’infermeria del carcere, colpiva violentemente l’agente al volto con una stampella, procurandogli una prognosi di 20 giorni e 3 punti di sutura al viso”: Nicandro Silvestri, segretario regionale per le Marche del Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria è preoccupato per la situazione. “Continua la drammatica situazione lavorativa nell’istituto ascolano, denunciata insieme alla negazione dei diritti al personale dal SAPPE e dalle restanti organizzazioni sindacali che pur in rappresentanza di oltre 80% del personale, sono state etichettate dal provveditore regionale dell’amministrazione come una piccola minoranza di rappresentatività, negando l’esistenza di problematiche lavorative e la negazione dei diritti del personale ascolano da parte dell’autorità dirigente locale. Rinnoviamo al DAP l’invito a una ispezione ministeriale e al cambio dei vertici della struttura. Ogni giorno giungono notizie di aggressioni a donne e uomini del Corpo in servizio negli Istituti penitenziari del Paese, sempre più contusi, feriti, umiliati e vittime di violenze da parte di una parte di popolazione detenuta che non ha alcuna remora a scagliarsi contro chi in carcere rappresenta lo Stato.
E allora – aggiunge Silvestri – è mai possibile che nessuno, al Ministero della Giustizia e al Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria, abbia pensato di introdurre anche per la Polizia Penitenziaria ed i suoi appartenenti, per fronteggiare ed impedire aggressioni fisiche e selvagge, strumenti come quelli in uso a Polizia di Stato e Carabinieri, ossia pistola “taser” e spray al peperoncino?“
Per Donato Capece, Segretario generale del Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria SAPPE, “ormai è un bollettino di guerra e le vittime sono sempre le stesse: donne e uomini in divisa della Polizia Penitenziaria. Occorrono interventi immediati e strutturali che restituiscano la giusta legalità al circuito penitenziario intervenendo in primis sul regime custodiale aperto. Ogni giorno nelle carceri italiani succede qualcosa, ed è quasi diventato ordinario denunciare quel che accade tra le sbarre, altro che carcere umano e più sicuro, come auspica la Ministro della Giustizia Cartabia: le carceri sono un colabrodo per le precise responsabilità di chi ha creduto che allargare a dismisura le maglie del trattamento a discapito della sicurezza interna ed in danno delle donne e degli uomini della Polizia Penitenziaria”.