A creare il disagio e a scatenare tutto è stato un ragazzo di 24 che è dentro per spaccio, ha dato una testata e ha preso a cazzotti un sovrintendente
L’ennesima e vile aggressione all’interno di un carcere. Un’altra violenza nei confronti di un agente della penitenziaria. Un’altra botta per le forze che lavorano ogni giorno in condizioni davvero critiche. Il tutto è avvenuto qualche giorno fa nell’istituto penitenziario di Villa Fastiggi, ma si è saputo solo in queste ore, anche perché tutto quello che succede all’interno del carcere si viene a sapere sempre con qualche giorno di differenza, ed è abbastanza normale.
E’ accaduto che un detenuto di 24 anni, che è dentro per spaccio di droga, ed è di origini marocchine, dal nulla e totalmente all’improvviso, almeno si viene a sapere che ha aggredito un Sovrintendente della Polizia Penitenziaria e il motivo non si conosce, anche perché non si sa nemmeno se ci sia un motivo valido per compiere un’azione del genere, ma all’interno della casa circondariale ne succedono parecchie soprattutto in questi ultimi tempi.
L’agente della penitenziaria se l’è cavata con una prognosi di 18 giorni
Tutto è avvenuto, a quanto si apprende, perché il detenuto avrebbe chiesto alla guardi di potersi spostare in un’altra sezione per poter prendere un caffè e poter parlare con qualcuno, ma il sovrintendente ha detto che non era possibile e a quel punto, il ragazzo gli avrebbe rifilato una testata in pieno volto e l’avrebbe preso anche a pugni fino a quando non sono intervenuti gli altri agenti per calmare la situazione. Un confronto violento che al povero agente hanno causato delle ferite e una prognosi di 18 giorni refertata al pronto soccorso.
C’è da dire che l’uomo che è dentro per spaccio avrebbe già causato problemi del genere in passato, tanto che il suo atteggiamento è di sfida continua. Ma pare che da parte di questa persona sia un comportamento abituale, tanto che nei suoi precedenti ci sono continue aggressioni e trasferimenti da un penitenziario all’altro. E sembra essere anche un modo di fare per potersi garantire lo spostamento da un carcere all’altro, tanto che questo tipo di situazione viene definito “turismo penitenziario“.