In quale caso è possibile non pagare la Tari senza rischiare delle conseguenze? Ecco quando può succedere.
La Tari, ovvero la tassa sui rifiuti, costituisce una delle principali imposte legate a case ed altri fabbricati alle quali non è quasi mai possibile sottrarsi. La funzione di questo tributo locale, il cui importo viene annualmente definito dai Comuni e che varia in funzione di alcune variabili – compresa la superficie calpestabile dell’immobile -, è quella di andare a coprire i costi per la gestione dei rifiuti urbani.
Ciò comprende la raccolta porta a porta dei rifiuti differenziati, il conferimento e lo smaltimento ma anche la pulizia delle strade e dei luoghi pubblici e in certi casi altri tipi di raccolta, come quella dei rifiuti ingombranti o del verde. Deve dunque essere pagata, indipendentemente dall’utilizzo degli immobili o meno, sulla base del fatto che essi possano potenzialmente produrre rifiuti. Quali sono, però, i casi nei quali è lecito non versare la Tari senza rischiare conseguenze?
Tari, quando è possibile non pagarla: tutti i casi
Come anticipavamo, vi sono alcune specifiche casistiche nelle quali non pagare la Tari non dà luogo a sanzioni. Chiaramente occorre capire con molta attenzione se si rientra in tali ambiti, in modo da non commettere errori. Ebbene – come può accadere anche nel caso di determinate cartelle esattoriali o di altre imposte, ad esempio l’Imu -, la Tassa Rifiuti è soggetta alla prescrizione. Ed esiste un’apposita normativa che ne definisce nel dettaglio le tempistiche, spiegando a partire da quale momento il Comune non potrà più richiederne il versamento.
Per quanto riguarda la Tari, la prescrizione interviene dopo cinque anni: questo significa che trascorso il tempo indicato dal giorno della scadenza del tributo, non potrà esserne preteso il pagamento. I termini per la verità decorrono dal 1° gennaio dall’anno successivo a quello relativo alla data di versamento: per fare un esempio, il periodo per la prescrizione nel caso della Tari relativa al 2019 ha avuto inizio nel 2020. Dunque, andrà in prescrizione il 1° gennaio 2025.
Attenzione, però: l’invio di una cartella esattoriale o di un altro atto formale di richiesta di pagamento potrebbe andare ad interrompere la prescrizione, azzerandone i termini e facendola ripartire dall’inizio. Ricevere, ad esempio, una cartella esattoriale nel quarto anno porterà a ‘riavviare’ da quel momento il termine di prescrizione. Invece, qualora il pagamento sia dovuto in seguito ad una sentenza giudiziaria, la prescrizione dell’imposta potrebbe allungarsi seguendo, in questo caso, il termine ordinario dei dieci anni.