Allarme TFR: nessuno pensa mai a questa tipologia di scelta e può pentirsene. Ecco come rimediare subito.
Entrare nel mondo lavorativo dopo il nuovo millennio significa affrontare una scelta cruciale sin dall’inizio: il destino del Tfr. Questo non è solo un modulo da compilare, ma una decisione che plasmerà il nostro futuro finanziario. Non consegnare il modulo non è un’opzione neutra; equivale a un’opzione ben definita: lasciare il Tfr in azienda.
Ma cos’è davvero il Tfr? È una sorta di “tesoretto” accumulato dal datore di lavoro per aiutarci a pianificare il nostro futuro previdenziale. Anche se optiamo per lasciarlo in azienda, considerarlo come un extra da riscuotere al termine del rapporto di lavoro è una visione limitata. Parliamo di cifre: il Tfr rappresenta il 6,91% della retribuzione lorda annuale. Con il decreto 252/2005, i lavoratori possono destinare il Tfr alle forme pensionistiche complementari. Questa scelta va effettuata entro sei mesi dall’assunzione, e le opzioni sono dovute:
Lasciare il Tfr in azienda per ritirarlo al termine del rapporto di lavoro, con una rivalutazione al 1,5% + il 75% dell’indice Istat. Confluirlo in un fondo pensione di secondo o terzo pilastro per integrare l’assegno pensionistico pubblico al momento del ritiro dal lavoro.
Quale scelta è migliore per il proprio TFR?
Scegliere di non scegliere è una strategia rischiosa. La decisione sulla destinazione del Tfr nei primi sei mesi può avvenire esplicitamente o tacitamente. La scelta tacita, come il silenzio-assenso alla previdenza complementare, spinge spesso a decisioni che potrebbero non essere nell’interesse del lavoratore.
Lasciare il Tfr in azienda è vantaggioso considerando:
- Costi: nessun costo per il dipendente, a differenza della previdenza complementare.
- Restituzione: il Tfr in azienda viene corrisposto interamente in forma di capitale al momento del pensionamento o in caso di cambio del lavoro.
- Riscatto: possibilità di riscatto anticipato al 100% in caso di perdita o cambio del lavoro.
Ma la scelta va valutata attentamente. Destinare il Tfr alla previdenza complementare offre:
- Possibilità di anticipo anche prima di 8 anni, con il 75% disponibile per spese mediche.
- Tassazione più favorevole rispetto al Tfr in azienda, sia al pensionamento che in caso di anticipazioni o riscatto da disoccupazione.
- La previdenza complementare permette di essere lungimiranti, fornendo una risposta alle esigenze future. Inoltre, offre vantaggi come anticipazioni più flessibili e contributi aggiuntivi dal datore di lavoro.
Quanto al rendimento, il Tfr in azienda viene rivalutato annualmente, mentre nella previdenza complementare dipende dalla strategia scelta. In generale, valutando tutti gli aspetti in modo razionale, destinare esplicitamente il Tfr alla previdenza complementare sembra la scelta più sensata.