Da ora in poi sarà possibile subire il licenziamento per scarso rendimento secondo quanto stabilito dalla Cassazione: non ci sarà più scampo per chi l’ha fatta franca.
Il lavoro che ognuno di noi si trova a svolgere può essere impegnativo, sia che venga richiesto uno sforzo prettamente fisico, sia che invece questo sia di tipo “mentale”, come accade a chi è in ufficio ogni giorno e ha alte responsabilità da gestire. Stress e stanchezza fisica e mentale fanno inevitabilmente parte del “gioco”, perciò può essere più che normale vivere periodi in cui si teme di non essere all’altezza, specialmente se si è a stretto contatto con un responsabile che non è poi così accomodante.
Fino ad ora però si pensava che il licenziamento potesse arrivare solo in a causa di un mancato rinnovo del contratto o per motivi ritenuti gravi, eppure non è detto che queste possano essere le uniche motivazioni. Si profila infatti la possibilità di subire tale decisione qualora il rendimento del dipendente sia ritenuto scarso o inferiore agli obiettivi che erano stati prefissati, nonostante il mancato raggiungimento a volte sia indipendente dalla propria volontà.
Il licenziamento per scarso rendimento è possibile: arriva la svolta
A volte il rendimento di un lavoratore può essere inferiore alle attese, non è detto che questo però avvenga perché non si è impegnato a sufficienza. In alcuni casi, infatti, ciò può accadere perché l’azienda aveva posto obiettivi che erano già difficili da raggiungere, oltre che ovviamente per l’ipotesi peggiore: l’impegno non è stato costante. Fino ad ora, però, anche i “lavativi” erano riusciti a salvarsi e a conservare il proprio ruolo. Ma non è sicuro che in futuro possa accadere ancora.
A chiarire la situazione a riguardo ci ha pensato la Cassazione, con una sentenza (la n. 11174/2023) destinata quindi a fare giurisprudenza. Il licenziamento per scarso rendimento è, infatti, consentito secondo i giudici perché rientra nelle ipotesi di licenziamento disciplinare: in particolare, si tratta di giustificato motivo soggettivo.
Agire in maniera indiscriminata da parte dei datori di lavoro e sfruttare questo cavillo non sarà però così semplice, è bene precisarlo. Tale conseguenza può infatti scattare solo in caso di grave inadempimento degli obblighi contrattuali, anche se non esiste negli accordi di lavoro subordinato il vincolo di raggiungere un determinato risultato.
L’unico obbligo previsto è quello di dedicare il proprio tempo all’azienda, senza attuare comportamenti dilatori che possano rallentare irragionevolmente o pregiudicare del tutto la produzione. Se, quindi, ci si impegna per fare in modo che l’impresa possa crescere non è possibile contestare al lavoratore la sua condotta.
Un imprenditore, dunque, ha modo di stabilire una serie di traguardi e indicarli a chi presta servizio per lui, magari sperando che questi possano essere uno stimolo a far crescere le persone ma anche l’azienda stessa. Raramente, però, non arrivarci può giustificare un licenziamento. La chiusura del rapporto per scarso rendimento potrebbe, quindi, avvenire in caso di una sproporzione tra gli obiettivi fissati e quanto effettivamente realizzato nel periodo di riferimento.
Il datore non può però fissare una “soglia minima di produzione” per ogni dipendente. Solo se si dovesse riuscire a dimostrare una violazione della diligente collaborazione da parte del lavoratore (una persona che si dimostra eccessivamente pigra, per capirci) può esserci il recesso dell’accordo stipulato tra le parti.