Le ultime notizie sulla crisi Beko, si vede una possibile svolta ma i sindacati restano diffidenti. Tutti gli ultimi aggiornamenti.
Nella giornata di giovedì 31 gennaio si è tenuto il tanto atteso vertice al Ministero delle Imprese e del Made in Italy sulla vertenza Beko, la multinazionale turca degli elettrodomestici che lo scorso novembre aveva annunciato un piano per licenziare quasi 2mila lavoratori e chiudere due stabilimenti in Italia, a Siena e Comunanza.
Il vertice si è svolto tra le parti sociali, rappresentanti dell’azienda e sindacati dei lavoratori, alla presenza del ministro Adolfo Urso. Nel precedente tavolo di dicembre era stato chiesto a Beko di rivedere il piano di tagli e di presentare un nuovo piano industriale.
All’incontro di ieri, sebbene non ci sia stato un completo dietrofront da parte della multinazionale sugli esuberi, Beko ha aperto a nuovi investimenti in Italia, con la possibilità di rivedere i tagli e soprattutto le chiusure degli stabilimenti di Siena e Comunanza. Ecco cosa è successo e quali scenari si aprono.
Crisi Beko, possibile svolta su esuberi e chiusure
Il ministro Urso ha ribadito che nessuno stabilimento Beko in Italia deve chiudere. Né quello di Comunanza né quello di Siena. Questa è stata la principale richiesta del Ministero delle Imprese del Made in Italy (MIMIT), che sta seguendo la vertenza Beko. “Tutti gli stabilimenti dovranno rimanere produttivi”, ha insistito Urso, sottolineando che “il sito di Comunanza, uno dei principali poli italiani dell’elettrodomestico dovrà continuare a essere motore produttivo e occupazionale del territorio marchigiano”. Il ministro ha anche chiesto all’azienda di presentare un piano industriale da almeno 300 milioni di euro per l’Italia e ha sottolineato che grazie all’uso del golden power è stato possibile evitare i tagli effettuati da Beko in altri Paesi europei, come le chiusure degli stabilimenti in Polonia e nel Regno Unito.
Dal canto suo, Beko ha aperto alla possibilità di un investimento da 300 milioni di euro nel nostro Paese, ma senza eliminare completamente i tagli. Un terzo di questo investimento, come riporta il TGR Marche, verrebbe destinato alle attività di ricerca e sviluppo, come “il centro globale del design industriale di Beko ed il centro globale per la categoria cooking”, che è il settore che impegna lo stabilimento di Fabriano, dove inizialmente erano stati annunciati 400 esuberi.
Inoltre, Beko ha confermato che avranno base in Italia i centri decisionali europei chiave per le funzioni strategiche, tra cui risorse umane, marketing, supply chain e Information Technology. Così come le attività di assistenza ai consumatori, il centro europeo per le parti di ricambio e il centro di ricondizionamento degli elettrodomestici usati continueranno la loro attività in Italia.
I nuovi investimenti dovrebbero scongiurare la chiusura dello stabilimento di Comunanza, mentre per quello di Siena la chiusura verrebbe rimandata al 2027.
I sindacati restano cauti su queste nuove concessioni. In un comunicato congiunto Fim, Fiom, Uilm e Uglm dichiarano che “le disponibilità aziendali sono ancora estremamente generiche. Beko ha parlato di un piano di investimenti più cospicuo pari a 300 milioni di euro, ha fatto intravedere la possibilità di non chiudere Comunanza e di prevedere un percorso di tre anni per Siena, dove comunque ribadisce la volontà di cessare la produzione”. I sindacati vogliono maggiori garanzie e soprattutto azioni concrete, per la salvaguardia di tutti i posti di lavoro negli stabilimenti Beko in Italia, che sono 4.400.
Ieri, durante il vertice sulla crisi Beko, circa 500 lavoratori provenienti da tutta Italia si sono riuniti in presidio davanti al Ministero, con striscioni e slogan a tutela dei loro posti di lavoro. Il prossimo incontro al MIMIT è in programma per il 10 febbraio.