La crisi di Beko rischia di avere effetti pesantissimi sull’economia marchigiana. Quali possono essere le conseguenze pesanti.
Continuano le preoccupazioni per la crisi di Beko, l’azienda turca di elettrodomestici che aveva acquistato gli impianti di Whirpool in Italia e che nei giorni scorsi ha annunciato la chiusura di diversi suoi stabilimenti in Europa, anche quelli italiani Un annuncio che ha allarmato migliaia di lavoratori, inclusi quelli marchigiani.
La chiusura degli stabilimenti di Beko in Italia rischia di lasciare senza lavoro quasi duemila persone. Una vera e propria sciagura in un Paese come il nostro già colpito da una pesante deindustrializzazione, a cominciare dal settore auomotive con Fiat-Stellantis.
Tra gli stabilimenti che dovrebbero chiudere c’è anche quello di Comunanza, in provincia di Ascoli Piceno, che impiega 320 lavoratori. Mentre quello di Melano, vicino Fabriano, e la stessa sede impiegatizia di Fabriano dovrebbero subire un taglio di personale. Con conseguenze disastrose per territori già provati dalla crisi industriale.
Crisi Beko, gli effetti possono essere devastanti
L’azienda turca Beko aveva acquistato le sedi e gli impianti dell’americana Whirpool lo scorso aprile, con la promessa di lanciare un nuovo grande polo europeo degli elettrodomestici. Pochi mesi dopo, lo scorso 20 novembre, Beko ha annunciato la chiusura di diversi stabilimenti in Europa e in Italia, tra cui quelli di Siena e Comunanza. Una mossa che lascia pensare che queste fossero le intenzioni dell’azienda fin dall’inizio. Una notizia shock per i lavoratori ma anche per gli amministratori locali che hanno immediatamente protestato, insieme ai sindacati. I primi scioperi si sono già svolti e i sindacati hanno promesso una lunga battaglia, appoggiati da sindaci e amministratori regionali.
Nella giornata di giovedì 28 novembre hanno scioperato gli impiegati del centro direzionale Beko di Fabriano, con il presidente della Regione Marche, Francesco Acquaroli, intervenuto per portare la sua solidarietà ai lavoratori. Dopo aver già incontrato, nei giorni scorsi, i lavoratori e i rappresentanti sindacali dello stabilimento di Comunanza.
La situazione è molto preoccupante non solo per la perdita diretta dei posti di lavoro ma anche per le conseguenze che potrà avere sui territori, di Fabriano e Comunanza, con danni per tutto l’indotto e la perdita di ulteriori posti di lavoro. La zona di Fabriano era stata già duramente colpita dalla crisi industriale di Ariston-Indesit, mentre quella di Comunanza, oltre alle fragilità tipiche delle zone montane, ha dovuto affrontare le conseguenze del terremoto del 2016.
Se gli stabilimenti di Beko chiuderanno, le aziende che lavorano per Beko perderanno importanti commesse, andando in crisi a loro volta. Anche i settori del commercio e dei servizi subiranno un duro colpo, con la perdita di clienti impoveriti o costretti a trasferirsi altrove.
Ecco perché con la chiusura di Beko si parla di effetti devastanti e soprattutto per lo stabilimento di Comuanza di “morte dei Sibillini“. “Beko, scelta di vita o di morte di un territorio“, si leggeva in un cartello esposto ieri durante lo sciopero davanti alla sede impiegatizia di Fabriano.
“Difendiamo le Marche, il lavoro, l’occupazione di un intero territorio regionale, perché vogliamo difendere la storia industriale della nostra regione. Difendiamo gli stabilimenti, le sedi impiegatizie, i lavoratori e l’indotto diretto e indiretto“, ha dichiarato Acquaroli partecipando allo sciopero di Fabriano, insieme con i sindaci di Fabriano Daniela Ghergo, di Sassoferrato Maurizio Greci, di Cerreto d’Esi David Grilli e il presidente della provincia di Ancona Daniele Carnevali.