C’è da sempre un acceso dibattito sulla legittimità dei controlli del Fisco e sulle procedure che devono essere seguite.
La Corte di Cassazione ha recentemente affrontato la questione riguardante la possibilità per l’Agenzia delle Entrate di condurre indagini bancarie sui conti correnti senza una preventiva autorizzazione. In un’ordinanza datata 23 febbraio 2024, la Corte ha chiarito la situazione riguardante un caso specifico in cui l’AdE aveva emesso un avviso di accertamento nei confronti di un contribuente, recuperando un maggior reddito per una somma considerevole. Ecco cosa dicono i supremi giudici.
Da sempre c’è un acceso dibattito sulla legittimità dei controlli del Fisco e sulle procedure che devono essere seguite. E si pongono interrogativi sulla protezione dei diritti dei contribuenti e sull’equilibrio tra la necessità di combattere l’evasione fiscale e il rispetto della privacy finanziaria. Molti sostengono che le autorizzazioni preventive siano cruciali per evitare abusi da parte delle autorità fiscali e garantire un adeguato controllo dell’operato dello Stato.
Controlli del Fisco sui conti correnti: tra legalità e privacy
Il contribuente ha proposto ricorso, sostenendo che l’acquisizione dei dati bancari da parte dell’Agenzia delle Entrate non era avvenuta con una preventiva autorizzazione, e che pertanto l’accertamento era nullo. La Commissione Tributaria Provinciale di Taranto ha parzialmente accolto il ricorso, riducendo la somma soggetta ad imposizione.
Tuttavia, la Commissione Tributaria Regionale della Puglia ha dichiarato la nullità dell’accertamento, poiché l’autorizzazione per l’indagine bancaria non era stata allegata all’avviso di quest’ultimo, considerandola un elemento costitutivo dello stesso. L’Agenzia delle Entrate ha quindi presentato ricorso in Cassazione, portando il caso all’attenzione dei giudici di Roma.
Nell’ordinanza emessa, la Corte ha affermato che, secondo l’orientamento consolidato, l’assenza di autorizzazione per le indagini bancarie non implica necessariamente l’inutilizzabilità dei dati acquisiti, a meno che ciò non arrechi un pregiudizio concreto al contribuente o metta in discussione la tutela di diritti fondamentali di rango costituzionale.
La Corte, inoltre, ha precisato che l’autorizzazione richiesta per le indagini bancarie ha una natura organizzativa e non deve essere obbligatoriamente allegata all’avviso di accertamento. Questo perché essa non richiede motivazione e incide esclusivamente nei rapporti interni tra gli uffici dell’Agenzia delle Entrate.
Proseguendo, la Corte ha sottolineato che l’autorizzazione per le indagini bancarie non è equiparabile a un atto impositivo e, quindi, non è soggetta all’obbligo di motivazione. Di conseguenza, l’assenza di autorizzazione non invalida l’avviso di accertamento basato sui dati acquisiti tramite indagini bancarie. In conclusione, la Corte di Cassazione ha respinto l’interpretazione della Commissione Tributaria Regionale, confermando la validità dell’avviso di accertamento emesso dall’Agenzia delle Entrate.