La riforma delle pensioni e la possibilità di uscire dal lavoro con qualche anno di anticipo rischiano di slittare di almeno due anni.
I tagli previsti sulle pensioni di alcune categorie di dipendenti statali stanno sollevando polemiche tali da indurre il Governo Meloni a fare dietrofront. A rimetterci, però, sarà la riforma previdenziale.
Tagliare gli assegni di chi è già in pensione o è prossimo ad andarci per agevolare le misure di prepensionamento non sembra essere un’idea vincente. Non per i cittadini, almeno. Soprattutto non per sanitari, ufficiali giudiziari e dipendenti di enti locali che rischiano di vedersi riconosciuti assegni pensionistici più bassi di 1000 euro ogni mese.
Il Governo di Giorgia Meloni sperava di recuperare almeno 2 miliardi di euro entro il 2030 con le decurtazioni sugli assegni previdenziali ma le polemiche che si sono sollevate in queste settimane sono state tali da indurre l’Esecutivo a ripensarci. Niente tagli, però, significa anche niente riforma delle pensioni: le risorse non sono sufficienti.
Riforma delle pensioni: tutto slitta di almeno 2 anni
Una riforma delle pensioni strutturale, in queste condizioni, non è possibile. E probabilmente non lo sarà ancora per molto tempo. L’estensione a tutti di Quota 41 potrebbe slittare di almeno due anni. O forse anche di più.
Quota 41 resterà nel cassetto ancora per un po’. La proposta leghista di estendere questa misura di pensione anticipata a tutte le categorie di lavoratori- superando, così la legge Fornero– non vedrà la luce almeno per due anni. Il Governo Meloni non dispone di risorse economiche sufficienti per dire addio alla riforma Fornero che prevede il pensionamento non prima dei 67 anni.
L’idea del Governo era quella di trovare risorse sforbiciando sugli assegni previdenziali che il prossimo anno saranno rivalutati appena al 5,4% contro l’8,1% di quest’anno. Non solo: nella manovra di Bilancio 2024 è stato inserito un punto secondo cui gli assegni previdenziali di coloro che hanno iniziato a versare i contributi tra il 1981 e il 1995 saranno rivalutati interamente con il sistema contributivo puro. La misura riguarderebbe solo alcune categorie di dipendenti pubblici: sanitari, docenti di scuola materna ed elementare, ufficiali giudiziari e dipendenti di enti locali.
Secondo le prime stime, con il ricalcolo degli assegni con il sistema contributivo puro, un medico arriverebbe a perdere più di 1000 euro ogni mese sulla pensione. I sanitari hanno minacciato di abbandonare il servizio sanitario nazionale e hanno indetto scioperi ad oltranza. Il Governo, dunque, sta valutando di cancellare questa misura o di applicarla solo a coloro che decideranno di accedere alla pensione anticipata.
Applicando il ricalcolo con il sistema contributivo puro agli assegni di queste categorie, l’Esecutivo contava di rimpolpare le casse dell’Inps in modo da attuare la riforma delle pensioni. Se tale misura verrà annullata, la possibilità di estendere a tutti Quota 41 e di dire addio alla legge Fornero slitta di almeno 2 anni.