Il Governo Meloni non cede alle richieste dei sindacati: a partire dal 2024 i tagli sulle pensioni ci saranno e saranno molto pesanti.
I tagli sulle pensioni che inizieranno a partire dal prossimo anno riguarderanno solo categorie specifiche ma penalizzeranno oltre 700mila dipendenti. Il Governo Meloni non arretra di un millimetro.
Se il 2023 finirà alla grande per milioni di pensionati grazie ad un inatteso conguaglio, a partire dal 2024 si prospetta una situazione decisamente meno felice. La manovra di Bilancio 2024 parla chiaro: dal prossimo anno gli assegni previdenziali di molti subiranno tagli. E non si parla di tagli di poche decine di euro ma di decurtazioni che potrebbero arrivare fino a 7000 euro in un anno.
A ben poco servono scioperi da parte dei lavoratori delle categorie interessate e pressioni da parte dei sindacati. Durante l’ultimo incontro con le principali firme sindacali, il premier Giorgia Meloni è stata chiarissima: il Governo non arretra di un millimetro. Non può cedere, la condizione delle casse statali non permette di fare sconti. Ad essere penalizzate saranno solo alcune precise categorie di lavoratori.
Tagli sulle pensioni: ecco chi sarà penalizzato
Pensioni più basse e anche di molto per più di 700mila lavoratori appartenenti a determinate categorie. Il Governo Meloni non cede alle richieste dei lavoratori né alle pressioni dei sindacati: la condizione in cui versano le casse statali rende necessari questi tagli.
È stato stimato che tagliando sulle pensioni il Governo riuscirà a recuperare almeno 2,2 miliardi di euro. In che modo e in che misura verranno effettuati i tagli? Ricalcolando gli assegni previdenziali interamente con il sistema contributivo, senza tenere conto delle quote retributive. Il sistema contributivo, entrato in vigore nel 1996 con la riforma Dini, è sicuramente il meno vantaggioso in quanto non considera la media delle ultime retribuzioni percepite da un lavoratore.
Con il sistema contributivo vengono presi in considerazione solo due fattori: l’insieme dei contributi versati e l’età a cui un soggetto va in pensione. Le categorie interessate da questa misura saranno i medici, gli ufficiali giudiziari, i dipendenti di enti locali e gli insegnanti di scuole materne e primarie parificate. Per costoro gli assegni previdenziali saranno ricalcolati per intero con il sistema contributivo puro. Secondo i primi calcoli le perdite potrebbero arrivare fino a 7000 euro l’anno.
I tagli, tuttavia, non riguarderanno proprio tutti i lavoratori di suddette categorie. Il premier ha assicurato che chi raggiungerà i requisiti per andare in pensione entro il 31 dicembre 2023, o chi andrà in pensione nel 2024 sarà salvo. Come saranno salvi anche coloro che hanno iniziato a versare i contributi prima del 1981. In pratica saranno penalizzati i medici, ufficiali giudiziari, docenti di scuole materne e primarie parificate e dipendenti di enti locali che hanno iniziato a versare i contributi tra il 1981 e il 1995.