Meno di 120 chilometri, la peste suina è alle porte di casa. Questo lo spazio in linea d’aria che divide la provincia ascolana dal Parco dell’Insugherata, il luogo nel comune di Roma dove è stato riscontrato un caso di peste suina su un cinghiale.
“Ascoli è da sempre vicina a Roma ed è per questo che parliamo di allarme rosso” dicono da Coldiretti Ascoli Fermo che lancia l’ennesima denuncia rispetto a una fauna selvatica fuori controllo con l’emergenza che stavolta non si ferma all’assedio permanente di campagne e città, dai monti fino alla costa, ma ora si allarga anche al rischio di uno tsunami economico per l’intera provincia.
Quello romano è il primo caso fuori da Liguria e Piemonte dove, nelle zone infette, sono stati finora individuati 113 casi dal primo contagio del 27 dicembre 2021. Una malattia non trasmissibile agli esseri umani (nessun problema riguarda la carne) ma altamente contagiosa e mortale per i maiali che entrano a contatto con i cinghiali infetti.
“È una situazione – spiega il presidente Marconi – che denunciamo da anni. I cinghiali sono troppi e molti agricoltori hanno già rinunciato ad alcune colture visto l’impossibilità di effettuare la raccolta. La peste suina, ora, mette a repentaglio la stessa esistenza delle aziende agricole, soprattutto quelle zootecniche. Basta un caso per costringere l’allevatore all’abbattimento di tutti i suoi capi”.
“I danni aumentano giorno dopo giorno”. Gian Piero Basocu in Coldiretti è il presidente di Amandola. Il suo è il territori odi confine con il Parco Nazionale dei Monti Sibillini. “La conseguenza – aggiunge – è l’aumento delle superfici in abbandono poiché gli agricoltori sono stufi di tale situazione e preferiscono abbandonare i terreni lasciandoli incolti anziché fare la richiesta di risarcimento danni. C’è un abbandono e spopolamento della montagna e delle coltivazioni. Basti pensare che la zona di Amandola era rinomata per le produzioni di mais, oggi non viene più coltivato. Chi vi si avventura poi non riesce a raccogliere. Come pastore circa 10 anni fa non si trovava un terreno libero per pascolare gli animali perché erano tutti coltivati, oggi mi vengono offerti anche a titolo gratuito per evitare che tutto diventi boscaglia”. Senza dimenticare che le misure di sicurezza per il contenimento di questa malattia bloccano di fatto tutta l’economia delle aree boschive, proibendo attività come la raccolta di funghi e tartufi, lo stesso turismo escursionistico a piedi o in bici. “In una provincia come quella ascolana dove il terremoto ha già fatto la sua parte di danni e l’economia stenta ancora oggi a ripartire non ce lo possiamo davvero permettere – conclude Marconi – come Coldiretti Ascoli Fermo torniamo a chiedere di intervenire per una drastica riduzione dei capi. Occorre mettere in campo ogni iniziativa utile a fermare il proliferare dei cinghiali e garantire la sicurezza degli allevamenti suinicoli, monitorando attentamente la situazione per evitare strumentalizzazioni e speculazioni a danno dell’intero comparto”.