In Consiglio regionale e come membro del “Forum permanente contro le molestie e la violenza di genere” mi batterò perché queste modifiche interessino tutto il Parlamento.
Il 25 novembre è la Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza di genere contro le donne. La Regione Marche ha pubblicato l’ultimo rapporto sulla violenza di genere dal quale emerge che nel 2021, si sono rivolte ai centri antiviolenza delle Marche 663 utenti, 180 in più rispetto al dato relativo al 2020 (483), e 192 in più rispetto al 2019 quando i casi sono stati 471.
La forma più estrema della violenza di genere ha un nome ben definito: femminicidio.
Secondo l’ultimo report della Direzione centrale anticrimine della Polizia di Stato, nel 36% dei casi, l’autore del femminicidio è stato il partner (inteso come il marito, il compagno, il fidanzato, l’amante ecc.). Le percentuali salgono se consideriamo anche altri familiari.
Circa due donne su tre vivono nel silenzio le aggressioni che precedono il femminicidio. Nella situazione opposta, è tragico che a seguito di denunce di minacce, lesioni, tentati strangolamenti, non sia sempre garantito un sistema di protezione.
Anche tante, troppe, ragazze finiscono nel mirino.
Occorre un’azione forte che, oltre ad un’importante e ineludibile attività culturale negli ambiti scolastici, impegni il legislatore ad intervenire per rendere da subito le denunce di violenza da parte delle donne origine di indagini veloci da parte della Magistratura e delle Forze dell’Ordine: si deve passare dalla fase degli ordini restrittivi, perché non sono i metri di distanza da un essere violento a garantire una donna presa di mira, ce lo raccontano ahimè le cronache ormai ogni giorno. Quindi non ci si deve fasciare la testa con il garantismo in questo caso ma occorre una presa di posizione trasversale da parte della politica per arginare una volta per tutte la violenza su sulle donne.
In Consiglio regionale e come membro del “Forum permanente contro le molestie e la violenza di genere” mi batterò perché queste modifiche interessino tutto il Parlamento.
Secondo me le basi del rispetto si imparano a scuola perché la violenza può anche essere indiretta e declinarsi in decine di modalità diverse: fisica, sessuale, psicologica, economica, virtuale, ecc.. Situazioni che spesso non vengono nemmeno prese nella giusta considerazione o raccontate, perché normalizzate dalla nostra cultura. Ad aiutare, dovrebbe essere innanzitutto la scuola, che dovrebbe tutelare e far comprendere ai giovani uomini le basi del rispetto. Per venire incontro a questa esigenza, la scuola deve assolutamente attivarsi attraverso l’educazione sessuale, civica e la parità di genere nelle scuole, che possa aiutare i ragazzi e soprattutto le ragazze ad avere più coscienza di sé stesse, del proprio corpo, dei propri diritti, a capire cosa è consenso e cosa non lo è. Una lezione che dovrebbe partire dalle famiglie, ma che molto spesso trova muri culturali insormontabili.
Poi la cronaca ci riporta esempi impensabili come le vicende che riguardano le Farfalle della ginnastica in questi giorni, un fiore all’occhiello del Paese che ci disorienta per le denunce di alcune atlete. C’è da sperare che l’inchiesta dissolva tanti interrogativi.
Anche in Rete c’è violenza, e sono le ragazze a subirla maggiormente.
Anche il web, però, può essere uno strumento utile in questo senso, se si spiegano le nozioni base utili a comprendere cosa significhi subire violenza, come reagire e a chi rivolgersi.
Il motivo? Più in generale, le radici del fenomeno partono dal lontano: siamo sempre più noi donne a essere vittime di questi abusi, perché è proprio di abusi che si parla, per il fatto che siamo cresciute in una società patriarcale in cui si ha l’idea che agli uomini sia sempre tutto concesso e che le donne, invece, debbano raggiungere determinati standard per essere considerate donne all’altezza di essere donne.
Però noi donne dobbiamo assolutamente prendere consapevolezza della gravità dell’azione e denunciare.
Anche se spesso si ha il timore di essere giudicate e di venire derise o additate, alle volte fa male tanto quanto l’ingiustizia subita. Da qui nasce la paura a denunciare e a esternare le violenze subite. Altre volte, invece, a inibire sono le ripercussioni che una denuncia nei confronti del carnefice può provocare. Quindi capisco perché molte donne, molte ragazze, abbiano paura di denunciare determinate cose perché temono ripercussioni.
Quale potrebbe essere, quindi, una soluzione e come riuscire a convincere quelle ragazze che hanno scelto di rimanere in silenzio? La risposta secondo me quella di confidarsi con i genitori, con gli amici, con tutti coloro che possono stare vicino e non farti rimanere mai sola. Cercando in ogni modo di tutelarsi e di denunciare trovando un appoggio che possa essere non soltanto morale e affettivo, ma anche nelle istituzioni e nelle forze dell’ordine. Provando a far capire la gravità della situazione, non sminuendo mai le violenze, perché ogni violenza è importantissima e ogni violenza potrebbe diventare fatale.