Undici anni fa, il 6 aprile 2009, L’Aquila visse il momento più triste della sua storia. Nel cuore della notte, in un secondo alle 3.32 un boato ha sconvolto per sempre le vite degli aquilani. 309 le vittime, una città e i paesi circostanti distrutti e una paura che tutt’oggi è ancora viva.
Un tragico destino che si unisce al terremoto del 24 agosto 2016, che distrusse Arquata, Accumoli e Amatrice. Purtroppo, a causa dell’emergenza sanitaria da Coronavirus, gli aquilani non hanno potuto organizzare la fiaccolata in memoria delle vittime. Hanno acceso una luce sui balconi, proprio per continuare a commemorare le persone che sotto quelle macerie hanno perso la vita. Il cardinale dell’Aquila, Giuseppe Petrocchi, nel sottolineare che “l’allerta da coronavirus non riuscirà ad ammutolire la memoria del rovinoso sisma del 2009” affida un pensiero a quanti stanno soffrendo per la pandemia: “la città affiderà la sua voce ai 309 rintocchi di campana che, nella notte, ricorderanno le vittime del terremoto. Questi suoni, mesti e solenni, intendono abbracciare con la loro eco anche il dolore di tutte le famiglie che hanno perso i loro cari, spesso in circostanze strazianti, a causa del micidiale contagio”.
Il dolore di chi ha perso un familiare, di chi ha visto sgretolare la propria casa sotto gli occhi, la paura di sentire di nuovo quel boato e la terra sotto i piedi tremare, sono sentimenti che non passano. Si nascondono tra le curve che la vita inevitabilmente percorre, ma si riaccendono in un secondo, lo stesso attimo che ha sconvolge vita e la cambia per sempre.