Divieto di Aborto, decisione sconvolgente: ma non in tutte le regioni valgono le stesse regole. Scopriamo cosa sta accadendo
In una regione italiana è stato vietato l’aborto, sollevando un’ondata di polemiche e dibattiti che hanno visto protagonisti politici, associazioni e cittadini. La questione dell’accesso all’interruzione volontaria di gravidanza si conferma un tema divisivo, capace di accendere gli animi e di mettere in discussione i diritti delle donne.
Durante una seduta del Consiglio regionale delle Marche, si è consumato un acceso scambio tra la consigliera dem Manuela Bora e l’assessore alla Sanità Filippo Saltamartini. Al centro della disputa vi era la gestione dell’aborto nella regione, con particolare riferimento alle difficoltà legate alla piena applicazione della legge 194. Un’inchiesta de ilfattoquotidiano.it ha messo in luce come nelle Marche l’obiezione di coscienza raggiunga quasi il 100%, rendendo estremamente complesso per le donne accedere all’interruzione volontaria di gravidanza.
Manuela Bora ha accusato la giunta regionale marchigiana di aver adottato una “forzatura ideologica e legislativa”, aprendo i consultori pubblici alle associazioni pro-Vita no-choice. Secondo la consigliera Pd, tale scelta rappresenterebbe un passo indietro sui diritti delle donne, favorendo entità che potrebbero influenzare negativamente la libera scelta femminile. L’assessore Saltamartini ha replicato sostenendo l’impegno della Regione nell’applicare pienamente la legge 194, pur confermando le decisioni che favoriscono l’accesso dei pro-vita ai consultori.
Le associazioni protestano contro il divieto all’aborto
La tensione si è palpata anche fuori dall’Aula del Consiglio regionale dove diverse associazioni hanno manifestato contro le posizioni assunte dalla giunta sul tema dell’aborto. Tra gli slogan esposti uno striscione recitava: “La genitorialità è una scelta, l’aborto è un diritto”. Associazioni come +194 Marche, Agedoothers hanno presidiato gli uffici regionali per ribadire il loro sostegno alla libertà di scelta delle donne e al rispetto dei loro diritti.
In risposta alle critiche ricevute, la Regione Marche ha istituito un “Comitato regionale di percorso nascita”, composto da dirigenti e professionisti del settore sanitario. Questa mossa sembra mirare a gestire più efficacemente le tematiche relative all’interruzione volontaria di gravidanza ma solleva interrogativi sulla sua effettiva capacità di garantire accessibilità e supporto alle donne che decidono per l’aborto.
Il dibattito nelle Marche riflette una problematica nazionale relativa all’applicazione della legge 194 sull’interruzione volontaria della gravidanza. Le divergenze tra chi difende il diritto all’autodeterminazione femminile e chi invece promuove visioni più conservative dimostrano quanto sia ancora attuale il bisogno di dialogare su questi temi fondamentali per garantire a tutte le donne libertà di scelta informata ed equa accessibilità ai servizi sanitari.