Attenzione a quello che scrivete online, c’è chi rischia fino a 7 anni di carcere per aver fatto una recensione negativa su un prodotto.
Internet ai suoi albori è diventato popolare poiché era un luogo in cui le persone potevano esprimere liberamente le proprie opinioni e potevano trovare gruppi di discussione su tematiche a loro care. Questo aspetto sociale era veicolato dai primitivi social network come C6 e MSN, ma anche da una miriade di forum di settore (o argomento).
La questione è diventata decisamente più complicata quando il web è divenuto mainstream. La visibilità attuale dei contenuti web e dei social network è tale da avere risonanza mondiale. In un simile contesto l’opinione di un singolo può diventare il seme della discordia o la miccia che accende fenomeni di odio, diffamazione e pubblica gogna.
Appare evidente che oggi non è più possibile scrivere sul web qualsiasi cosa passi per la testa, poiché anche se l’intento dello scritto è ironico o satirico può divenire offensivo per una persona, un gruppo o anche un’azienda. Non a caso i siti, i social e i forum pagano dei professionisti il cui compito è moderare la community, eliminare i commenti fuori posto o offensivi, ma anche bannare gli utenti nei casi più gravi.
Questo vale anche nel caso in cui si scriva una recensione di qualcosa e si causa volontariamente o meno un danno a chi l’ha creata o la produce. In questi casi, infatti, il limite tra libera opinione e diffusione di informazioni diffamatorie è molto sottile. Ma cosa si rischia nel caso in cui si scriva una recensione negativa che contiene contenuti diffamatori?
Cattiva recensione, cosa si rischia in Italia?
Sarebbe sempre opportuno esprimere la propria opinione ed il proprio dissenso in modo pacato e non offensivo, nonché scrivere critiche solo se opportunamente corroborate da prove, va detto inoltre che in Italia scrivere recensioni negative che possono risultare diffamatorie è una questione di natura giuridica che rientra nell’ambito del Codice Penale, come nel caso in cui la presunta diffamazione arrivi per mezzo stampa.
Questo perché sia i siti come ad esempio TripAdvisor che i social network come Facebook sono equiparati a strumenti di pubblicità, il che rende una recensione negativa cattiva pubblicità – e dunque danno d’immagine – per l’azienda o il ristorante che sono stati presi di mira dall’utente.
Chiarito questo, l’ente o l’azienda che si ritiene offeso o leso dalla recensione negativa può richiedere la rimozione del contenuto a chi l’ha scritto o denunciare l’accaduto in tribunale e chiedere un risarcimento danni che solitamente avviene tramite mediazione, dunque difficilmente si dà il via ad un processo. Il querelato dunque si trova a doversi difendere, rischia la condanna fino ad un anno di reclusione e potrebbe pagare una somma di denaro anche importante per risarcire il danno d’immagine causato.-
Il caso della donna nigeriana
Il caso che ha gettato nel panico molti utenti è quello di una donna nigeriana che è stata arrestata nel 2023 e che adesso rischia addirittura 7 anni di reclusione. La donna si chiama Chioma Okoli, abita a Lagos (Nigeria), ed ha utilizzato Facebook come strumento di lamentela per un baratto di pomodori pelati acquistato al supermercato.
Il post della donna è divenuto inspiegabilmente virale ed è giunto all’attenzione dell’azienda produttrice, la quale ha chiesto di rimuovere il contenuto lesivo. Qualche giorno dopo la donna è stata prelevata dalla chiesa mentre seguiva la messa e portata in carcere. La donna ha pagato la cauzione ed è tornata in libertà, ma lo stesso giorno la Polizia ha istituito un caso contro lei e due mesi dopo si è tenuta l’udienza preliminare durante la quale il giudice ha emesso un’udienza restrittiva nei suoi confronti.
Anche l’azienda produttrice dei pelati, la Erisco Foods Limited, ha sporto denuncia contro la donna e chiesto un risarcimento di 500 milioni di Naira (pari a circa 359mila euro). L’avvocato di Okoli ritiene che la Erisco e la Polizia stiano perseguitando la sua assistita e a sua volta chiede un risarcimento.
L’emersione dell’accaduto ha scatenato un putiferio social e la Erisco ci ha tenuto a chiarire che non ha richiesto l’arresto della donna. Tuttavia l’azienda ha ammesso di aver avviato una causa contro di lei chiedendo un corposo risarcimento. Adesso questa giovane donna nigeriana rischia una multa di 5.000 euro, la reclusione fino a 7 anni oppure entrambe le cose solo per aver espresso la propria opinione su un barattolo di pelati sul web.