La tragica vicenda dell’omicidio del giovane a San Benedetto travolta da un gesto inaspettato che ha suscitato polemiche.
La città di San Benedetto del Tronto deve ancora riprendersi dal terribile fatto di cronaca avvenuto nella notte tra il 15 e il 16 marzo scorsi, quando un giovane di 24 anni è stato ucciso a colpi di machete, sembra al culmine di uno scontro tra bande.

Due gruppi di giovani, per lo più stranieri, alcuni provenienti dal vicino Abruzzo, si sarebbero affrontati per un presunto regolamento di conti. Il confronto è esploso in una rissa violenta in cui sono state usate armi da taglio, dei coltelli e un machete.
Il 24enne ucciso si chiamava Amir Benkharbouch, aveva origine nordafricana ed era residente a Giulianova. Il giovane è morto per le gravissime ferite riportate. Altri ragazzi sono stati feriti gravemente e ricoverati in diversi ospedali. A pochi giorni dal gravissimo fatto di sangue, è partita una iniziativa che sta suscitando ulteriore sconcerto sulla vicenda e numerose polemiche.
Ragazzo ucciso a San Benedetto, partita la raccolta fondi per uno degli accusati di omicidio
A quanto è emerso dai primi accertamenti delle forze dell’ordine sulla rissa sanguinosa avvenuta a San Benedetto del Tronto nella notte tra il 15 e il 16 marzo, anche un giovane italiano sarebbe coinvolto nel gravissimo fatto di sangue che ha portato all’uccisione del 24enne Amir Benkharbouch. Si tratta di un ragazzo residente a San Benedetto, S.D., che è indagato per omicidio insieme agli altri giovani che avrebbero preso parte alla rissa e che sono stati identificati dalle forze dell’ordine.
Appena in città si è diffusa la notizia del coinvolgimento del giovane sambenedettese, qualcuno ha avviato una raccolta di fondi in suo favore per il pagamento delle spese legali.

Sulla iniziativa, tuttavia, ha preso subito le distanze l’avvocato difensore del giovane sambenedettese indagato. Il legale, infatti, ha giudicato l’iniziativa inopportuna, poiché presa da terze persone senza consultare il diretto interessato e soprattutto il suo difensore, dunque non autorizzata. Ma anche perché ritenuta non decorosa.
“Non sono stato in alcun modo informato preventivamente di tale iniziativa, della quale ho appreso l’esistenza unicamente da terze persone e tramite la diffusione sui social media“, ha dichiarato l’avvocato dell’indagato nelle parole riportate dal Corriere Adriatico.
“Preciso inoltre – ha continuato il legale – che tale raccolta fondi non è stata autorizzata, né condivisa, né tantomeno indotta e avallata dal sottoscritto. Ritengo necessario dissociarmi fermamente da questo tipo di attività, ribadendo l’importanza del decoro, dell’indipendenza e dell’onore che devono sempre caratterizzare l’esercizio della professione forense“.