L’Assegno di inclusione ha sostituito il Reddito di cittadinanza: oggi però potrebbe raddoppiare con una seconda card.
Ha sostituito, di fatto, il Reddito di cittadinanza, anche se da esso differisce non poco. Parliamo dell’Assegno di inclusione che, in questi mesi, ha mitigato le sofferenze economiche di una vasta platea di cittadini italiani. Oggi però l’Assegno di inclusione raddoppia: ecco tutte le novità istituite dal Governo.
Tra i primissimi provvedimenti approvati, il Governo Meloni ha abolito il Reddito di cittadinanza, la misura vessillo del Movimento 5 Stelle che, al netto di disfunzioni e ruberie, aveva rappresentato, negli anni, una forma di sussidio importante per le persone in evidenti condizioni di difficoltà economiche.
Lo stesso Esecutivo, però, si è ben presto reso conto che le condizioni del Paese necessitavano di interventi di sostegno sia a breve che a lungo termine. E così, ha istituito proprio l’Assegno di inclusione, su cui oggi più di qualcuno segnala qualche importante novità.
Assegno di inclusione: tutto sulla seconda card
Come dicevamo in apertura, l’Assegno di Inclusione si distingue chiaramente dal Reddito di Cittadinanza per le sue caratteristiche uniche e per il diverso approccio alla distribuzione dei benefici. Questa misura di sostegno sociale, progettata per rispondere a esigenze specifiche, presenta modalità di erogazione differenti rispetto al precedente strumento di welfare.
In particolare, l’Assegno di Inclusione, a differenza del Reddito di Cittadinanza, è destinato a categorie ben definite di beneficiari, tra cui persone di età superiore ai 60 anni, minorenni, individui che si occupano di minori o persone con disabilità nel proprio nucleo familiare, invalidi civili con disabilità medio-grave, persone che ricevono assistenza da servizi sociali, assistenziali o sanitari.
Il meccanismo che lo regola, comunque, è piuttosto complesso. Per esempio in questi mesi diversi dubbi sono sorti circa la possibilità che l’Assegno di Inclusione includa anche un contributo per l’affitto, se il contratto è intestato al coniuge. In tal caso, potrebbe darsi che l’INPS abbia emesso una seconda carta per la moglie del nostro lettore, separata da quella intestata a lui.
Spesso, le risposte che si cercano possono essere reperite presso l’ufficio postale con il coniuge, al fine di verificare se esiste una carta a nome dello stesso coniuge che potrebbe contenere l’importo residuo, potenzialmente intorno ai 2.000 euro. Questo importo potrebbe non essere stato completamente speso, poiché non è necessario utilizzare tutta la somma mensile per mantenere il diritto al sussidio.