Cosa succede quando i contributi regolarmente maturati non vengono versati? La Cassazione ha stabilito che la pensione spetta in ogni caso.
Negli ultimi anni si è parlato spesso della difficoltà per gli italiani di trovare un lavoro stabile e dunque l’impossibilità derivante di versare dei contributi utili a creare una pensione per la vecchiaia. Un problema annoso, per il quale ancora oggi ci si impegna incessantemente su più livelli senza trovare una soluzione definitiva.
A questa criticità si aggiunge quella dei lavori in nero, ovvero le mansioni che vengono retribuite senza essere dichiarate al fisco e all’Inps. Al pari dei disoccupati, i lavoratori in nero non percepiscono contributi e quindi non hanno modo di sommare credito per quando sopraggiungerà l’età pensionabile.
Infine ci sono anche quei dipendenti che svolgono la loro mansione con contratto regolare, ma i cui contributi non vengono versati dal datore di lavoro. La legge offre una tutela diretta sia nel caso in cui i contributi non versati siano stati prescritti, sia in quello in cui si rientri nei limiti di tempo stabiliti dalla legge per il versamento.
Tale tutela è sancita dall’art. 2116, comma 1 del Codice Civile, ed è stata ribadita e rafforzata dalla Costituzione all’articolo 38, comma 2. Inoltre, va citata la sentenza della Corte di Cassazione n. 2164/2021, nella quale si legge: “Le prestazioni indicate nell’art. 2114 sono dovute al prestatore di lavoro, anche quando l’imprenditore non ha versato regolarmente i contributi dovuti alle istituzioni di previdenza e di assistenza, salvo diverse disposizioni delle leggi speciali o delle norme corporative”.
In pensione anche in assenza dei contributi versati: ecco come
Poco sopra abbiamo identificato due scenari differenti, uno in cui il lavoratore rientra ancora nei limiti di tempo necessari al versamento dei contributi maturati (5 anni dalla maturazione), ed uno in cui invece i contributi sono stati prescritti. Per entrambe le situazioni c’è una soluzione e adesso andiamo a vedere quale.
Qualora il lavoratore si trovi in tempo per ricevere il versamento dei contributi, l’unica cosa che può fare è comunicare all’INPS la condizione in cui si trova e chiedere dunque che l’istituto si occupi di accertare l’esistenza del rapporto lavorativo in prima istanza e di ottenere il versamento dei contributi del dipendente dal datore di lavoro in una seconda fase.
Nel caso in cui i 5 anni siano passati e i contributi prescritti, la legge tutela il dipendente con la rendita vitalizia. Si tratta di una specie di riscatto dei contributi che può essere richiesto dal datore di lavoro, dal lavoratore stesso (qualora sia occupato ancora per la stessa azienda che doveva versargli i contributi) o dai superstiti di quest’ultimo tramite pagamento.
Appare chiaro come la rendita vitalizia comporti un esborso nel caso in cui sia il lavoratore stesso a dover risanare la posizione, ma in tal caso c’è la possibilità di agire legalmente contro il datore di lavoro poiché la situazione che si è venuta a creare determina l’attuazione del danno patrimoniale risarcibile.