È possibile per un dipendente rifiutare la proposta avanzata dall’azienda di cambiare l’orario di lavoro? La legge risolve ogni dubbio.
Lavorare è una necessità, e farlo in un posto in cui ci si sente apprezzati e con mansioni che sono gradite rende certamente tutto meno pesante. In genere quando si valuta un’offerta si prendono in considerazione tutti i pro e i contro, ben sapendo quanto lo stipendio possa essere un fattore determinante ma non l’unico da valutare. Sono infatti altrettanto importanti la distanza da casa e il tempo che si impiega per raggiungere il posto, come anche l’orario di lavoro che viene richiesto. Quest’ultimo aspetto non può che avere un’influenza cruciale, specie se si ha una famiglia da gestire.
A volte però le esigenze dell’azienda possono cambiare, soprattutto se si tratta di una realtà di piccole dimensioni, perciò un responsabile può chiedere a un dipendente una variazione degli accordi presi al momento della stipula del contratto. È obbligatorio accettare o è possibile provare a trovare una mediazione che possa accontentare tutte le parti in causa?
Variazioni all’orario di lavoro: cosa può fare il dipendente?
Accettare sempre ogni richiesta avanzata dal proprio datore di lavoro può essere ideale per chi si trova in una posizione di comando, molto meno per un dipendente. Alla lunga, infatti, si crea un ambiente poco salutare, cosa che non può che influire anche sul rendimento del lavoratore stesso. Sapere quali siano i diritti e i doveri di ognuno è importante: si tende a pensare che rifiutare una richiesta di cambio di orario possa comportare un demansionamento o, peggio ancora, un licenziamento, ma è davvero così?
La risposta a questa domanda varia a seconda dei casi. È possibile passare da un orario part-time a uno full-time, solo se c’è un pieno accordo tra le parti, che dovrà essere però siglato con un atto scritto. Non è quindi ammissibile alcuna forzatura da parte dell’azienda. Viceversa, a volte è la legge a prevedere il passaggio da full a part-time, ma se si dovessero verificare alcune condizioni specifiche.
Questo può avvenire se il dipendente è affetto da patologie oncologiche, o da gravi malattie cronico-degenerative ingravescenti; se le patologie dovessero riguardare il coniuge, i figli, o i genitori del lavoratore, che richiederebbero assistenza continua; se viene manifestata richiesta da parte del dipendente con figlio convivente di età non superiore a 13 anni, o con disabilità grave.
Qualora si passasse da full a part-time, al lavoratore viene dato diritto di precedenza nelle assunzioni con contratto a tempo pieno per lo svolgimento delle medesime mansioni o di attività equivalenti. Non può, quindi, esserci licenziamento se il dipendente dovesse rifiutare un cambiamento di orario. Questo avviene sulla base dell’assetto di interessi stabilito tra le parti al momento dell’assunzione, che non può venire meno nel corso del tempo.
Se il datore di lavoro dovesse però dimostrare di non riuscire a soddisfare le esigenze di chi presta servizio per lui, a quel punto potrebbe scattare il recesso del rapporto. Basti pensare, ad esempio, a quando un’azienda si trova in difficoltà e deve mettere in atto una politica di riduzione dei costi: in questa situazione, si può prospettare una riduzione dell’orario per evitare il licenziamento; in caso di diniego quella sarà l’unica strada che si potrà intraprendere.