Secondo Coldiretti, che ha lanciato l’allarme, a rischio sarebbe il 30% dei prodotti agroalimentari italiani, che corrispondono a forniture stimate pari a circa 3,4 miliardi di euro (nel 2019).
“Affinché si possa salvaguardare il “Made in Italy” agroalimentare è necessario stipulare un accordo nel quale vengano regolate una serie di questioni fonda-mentali per gli scambi commerciali – commenta Rosa Mosca, esperta di pro-prie-tà intellettuale dello studio legale di Rödl & Partner – e che non deroghi ad alcuni principi fondamentali dell’agricoltura europea: ovvero la tutela dell’ambiente e della salubrità degli alimenti, la salvaguardia dell’agricoltura in quanto tale, il riconoscimento dell’origine dei prodotti e delle materie prime”.
“Ma non solo – continua l’esperta di Rödl & Partner – il riconoscimento delle indicazioni geografiche protette IGP o denominazione di origine protetta DOP, senza intesa, non sarebbero più garantite sul mercato britannico, con il conseguente avanzamento delle imitazioni e delle contraffazioni delle nostre specialità e il rischio di vendita in Paesi terzi che non rispettano gli standard europei come ad esempio gli USA”.
“In attesa degli auspicati accordi commerciali – conclude Rosa Mosca di Rödl & Partner – per ciò che concerne i titoli di privativa quali i marchi collettivi, che informano i consumatori che il produttore dei beni o il fornitore di servizi appartiene a una determinata associazione di categoria e che ha il diritto di utilizzare il marchio, come per esempio il Grana Padano o il Vetro artistico Murano e di certificazione dell’UE, che hanno lo scopo di certificare determinate caratteristiche dei prodotti o dei servizi, ci sarà la possibilità entro 9 mesi dall’uscita definitiva del Regno Unito dall’UE di creare un corrispettivo parallelo marchio nazionale, così da avere una tutela, seppur minima, del prodotti italiani nel Regno Unito”.