Subire tagli alla pensione può essere un problema, al punto tale da andare incontro quasi a una vita da fame. Ecco come evitarlo.
Avere un’idea della cifra a cui potrà ammontare la propria pensione non può che essere importante, per questo tanti tendono a informarsi su un tema così cruciale quando sono ancora al lavoro (sperando ovviamente non cambino le normative). In casi simili non può che essere fondamentale raggiungere l’adeguato traguardo a un’età non troppo avanzata, così da augurarsi di essere ancora in salute, ma soprattutto di avere un assegno mensile che possa permettere di avere un discreto stile di vita.
Il rischio di subire dei tagli può essere comunque dietro l’angolo, specialmente se dovessero esserci decisioni da parte dei governi di turno che possono rendersi conto di una situazione non florida in cui versano le casse dello Stato. Se questo dovesse accadere, l’auspicio è che l’eventuale riduzione dell’assegno non sia così consistente.
Tagli alla pensione: uno spettro che fa paura
Le decisioni che vengono prese dai vari governi che si succedono al potere non sono sempre favorevoli a noi, nella maggior parte dei casi non resta però che accettarle e sperare che gli effetti non possano essere così deleteri come si può pensare inizialmente. Questo vale ovviamente anche per gli importi della pensione che percepisce ognuno di noi, destinati raramente ad aumentare se non per effetto dell’inflazione.
E se invece dovesse esserci una riduzione? L’effetto non potrebbe che essere pesante, specie per chi non ha altre entrate. Il problema può riguardare anche chi è ancora al lavoro e sta valutando se sia davvero conveniente smettere perché ha maturato alcuni requisiti. È il caso, ad esempio, di chi ha 62 anni di età e 41 anni di contributi versati, in grado di rientrare in quella che viene definita “Quota 103“, porre fine alla propria carriera lavorativa è possibile, ma c’è il rischio di non ricevere un assegno così accettabile.
Lo svantaggio appare evidente tenendo presenti le modifiche normative in vigore da quest’anno, che appaiono a sfavore dei lavoratori
L’importo previsto per la pensione viene infatti calcolato esclusivamente con il sistema contributivo. Non solo, non potrà essere più alto di 4 volte il trattamento minimo, sempre alla data di liquidazione. È possibile poi usufruire di una finestra di 7 mesi per i lavoratori privati e di 9 mesi nel pubblico impiego.
L’unico aspetto positivo per chi decide di tagliare l’agognato traguardo è dato dalla durata della penalizzazione. Chi andrà in pensione a 62 anni a 67 anni potrà usufruire di un ricalcolo della cifra, che potrà così superare la soglia massima inizialmente prevista.
Il conteggio attraverso il sistema contributivo rappresenta poi un altro deterrente non da poco. L’assegno mensile viene stabilito solo sulla base dei contributi versati, cosa che resterà valida per tutta la vita, senza possibilità di modifica alcuna.
È possibile rimediare?
Fortunatamente chi si trova in questa situazione, che può essere definita una sorta di limbo, non deve disperare. È infatti possibile sfruttare qualche piccolo accorgimento che può rivelarsi utile.
Chi ha completato un anno di contributi prima dei 19 anni può entrare di diritto nella Quota 41 per i lavoratori precoci, accessibile a invalidi al 74%, disoccupati che hanno terminato la Naspi da almeno 3 mesi, caregiver che assistono un familiare convivente e invalido grave da non meno di 6 mesi, o addetti a una delle attività considerate lavori gravosi.
In alternativa, le donne possono accedere a quella che viene definita Opzione Donna, che non prevede il vincolo dell’importo massimo della pensione non eccedente le 4 volte il trattamento minimo. Non è previsto inoltre nemmeno il divieto di cumulo tra redditi di pensione e redditi da lavoro.
Non ci saranno inoltre limiti nemmeno per l’importo, che verrà calcolato ancora con il sistema misto.